“Ieri notte alle 23 mi è arrivato un sms che ho subito girato alla guardia costiera. Un’imbarcazione uscita dell’Egitto il 7 .7. 2014 era in balia delle onde… pensavo fossero già stati tratti in salvo… ma non è così… poche ore fa mi contatta il fratello di una persona che si trova a bordo di questa imbarcazione e mi comunica le seguenti informazioni… il motore dell’imbarcazione si è fermato… le persone non hanno più acqua né cibo… lo scafista ha deciso di lasciarli e tornare in una piccola imbarcazione verso l’Egitto…”

Messaggi come questi ne arrivano spesso in rete e capita che persone che lavorano nel sistema di accoglienza ci contattino da varie parti d’Italia per capire se noi qui a Lampedusa abbiamo qualche notizia in più da offrire per qualche parente o amico dei migranti. Queste notizie girano con i social network, uno dei pochi strumenti che i migranti possono utilizzare per far arrivare informazioni, un copia ed incolla di sms partiti dai cellulari nel Mediterraneo che fa capire meglio di tanti racconti cosa sia il viaggio e a cosa si va incontro quando si fugge da guerre e miseria

A metà giugno, ad esempio, dodici migranti sono stati recuperati dalle navi di Mare Nostrum dopo che il loro gommone si era capovolto vicino alle coste libiche. Non sappiamo ancora se ci siano stati dispersi in quest’ultimo incidente in mare. Ma anche se ce ne fossero non cambierebbe di una virgola. Una volta che vedi al molo Favaloro di Lampedusa i corpi segnati dalle sofferenze di chi scappa da guerre e persecuzioni è difficile leggere le notizie sulla tragedia, chi è stato lì sa infatti che in quei barconi ci sono bambini, donne e uomini e non numeri. Immagini il mare e le urla, i pianti e la paura mentre il barcone affonda tra le onde, ed a volte quando guardi il mare verso sud il nero della notte dove queste vite sprofondano fa paura anche a te.

Le ultime cifre parlano di più di 23 mila morti nel Mar Mediterraneo. Una cifra impressionante che non sembra smuovere un’Europa vecchia e spaventata che continua su una strada che non sembra portare a nulla se non al triste calcolo dei morti lungo le rotte mediterranee. Ma c’è dell’altro: il fallimento delle politiche migratorie dell’Europa alimenta il mercato criminale della violazione delle norme e delle frontiere dopo che interessi geopolitici ed economici occidentali hanno creato le condizioni che costringono alla fuga milioni di persone. L’Europa sul tema dei migranti ed in maniera ancor più grave, su quello dei rifugiati e richiedenti asilo, sta scrivendo una brutta pagina della sua storia.

Per fortuna si levano però voci anche di altro genere e possiamo leggere articoli come quello di Buccini apparso mercoledì scorso sul Corriere della Sera che apre alla proposta dei corridoi umanitari. Dopo la tragedia del 3 ottobre, il tema venne proposto da centinaia di movimenti che lo affermarono nella Carta di Lampedusa e, nelle scorse settimane, è stato rilanciato da Cgil Arci ed altre associazioni.In maniera ancora più approfondita è stato presentato in questi giorni nelle sedi europee da Barbara Spinelli che insieme ad altri intellettuali ha scritto un lungo appello che descrive bene la proposta sostenuta da molti intellettuali

“Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale – si legge nelle prime righe – il numero di profughi, richiedenti asilo e sfollati interni in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone. Si tratta, secondo il rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), del dato più alto mai registrato dopo la fuga in massa, nella prima metà del secolo scorso, dall’Europa dominata dal nazifascismo. È una fuga che vede l’Europa come approdo – si legge ancora nel testo –  luogo di salvezza. Sulle coste meridionali del nostro continente giungono persone – uomini, donne, bambini – che si lasciano alle spalle paesi in fiamme, dittature, genocidi, carestie, catastrofi climatiche e ambientali, guerre divenute inani e senza fine contro il terrorismo, di cui molto spesso le politiche occidentali – connesse a un modello economico e biopolitico di spartizione – sono direttamente o indirettamente colpevoli. I rifugiati sono oggi il prodotto su scala industriale di quella grande guerra, immateriale e non dichiarata, che è la guerra contro i poveri, dove un confine netto separa chi ha diritto di muoversi da chi quel diritto si vede negato. Ma una guerra planetaria, che distingue tra soggetti di diritto e corpi marginali in balia di eventi decisi altrove, non può rendere l’Europa un filo spinato. L’Europa che vogliamo deve essere un luogo di accoglienza, di rispetto, di dignità…”.

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