Manca meno di una settimana alla nuova edizione di Cortona On The Move, il festival dedicato alla fotografia in viaggio – diretto anche questo 2014 da Arianna Rinaldo – non credo proprio deluderà le aspettative. Ci sono nomi già noti e progetti forse già conosciuti (penso, solo per dirne uno, a “The Sochi Project” di Rob Hornstra e Arnold Van Bruggen) ma vederli qui, a Cortona, nelle vecchie strutture dismesse (come l’ex magazzino delle carni o il vecchio ospedale) e luoghi suggestivi (la Fortezza di Girifalco) e non convenzionali (come la chiesa di Sant’Antonio) avrà un sapore tutto speciale. Un punto di forza quello di recuperare vecchie strutture in disuso che, anche visibilmente parlando, con una tendenza un po’ romantica delle cose, smuove sul piano emozionale.

Tra le mostre che mi sento di segnalare, a scatola chiusa visto che il festival inizierà il 17 luglio, ci sono quelle di Rob Hornstra, Jacob Aue Sobol, Alvaro Laiz e Tomasz Lazar. Con Rob Hornstra arriva a Cortona “The Sochi Project“, un racconto fotografico realizzato assieme allo scrittore-regista Van Bruggen su Sochi (Russia), sede delle Olimpiadi invernali del 2014. Chiaro sul progetto è il concetto espresso da Van Bruggen che nel corso della realizzazione del Sochi Project diceva “mai prima d’ora le Olimpiadi si sono svolte in una regione che contrasta maggiormente con il glamour dei Giochi. A soli 20 km di distanza si trova la zona di conflitto in Abkhazia. A est, le montagne del Caucaso si estendono in repubbliche secessioniste come l’Ossezia del Nord e Cecenia. Sulla costa, i vecchi sanatori sovietici vivono spalla a spalla con gli alberghi più costosi e i locali della Riviera russa. Entro il 2014 l’area intorno a Sochi sarà irriconoscibile. Il processo di totale rinnovamento e trasformazione della zona è già in atto, gli appartamenti di rifugiati e i resort più poveri saranno in breve tempo trasformati in lussuosi alberghi e ristoranti. Migliaia di operai provenienti dalla Russia e da fuori vivono in prefabbricati e lavorano senza sosta in modo da garantire che gli hotel, gli stadi e tutte le nuove infrastrutture siano pronte in tempo. Gli elicotteri vanno avanti e indietro con i materiali e questo gran fermento sembra voglia nascondere il più possibile la profonda crisi economica e sociale del territorio”.

Un lavoro di slow journalism, di ricerca fotografica e giornalistica durato cinque anni, per mettere in evidenza le contraddizioni di un territorio, tramite storie e ritratti fotografici, e raccontare la storia di una città che deve essere cambiata, cancellata in poco tempo solo per l’arrivo di un grande evento come quello delle Olimpiadi. Un interessantissimo progetto, dunque, come lo sarà anche quello di Jacob Aue Sobol che a Cortona porta “Arrivals and Departures”, un viaggio che “avevo sempre voluto fare – spiega Jacob- un viaggio leggendario lungo la Transiberiana. Il primo shock l’ho avuto quando sono entrato il treno. Era completamente vuoto. L’idea del progetto era stato quello di incontrare la gente e realizzare storie intime nei comparti. Ma in ‘sella’ a questo treno fantasma ho dovuto cambiare tutto: l’intimità doveva arrivare dai miei incontri con la gente nelle città ed è per questo che il treno è diventato solo il filo di lettura che collega Mosca, Ulaanbaartar e Pechino”. Nonostante abbia dovuto modificare il suo progetto in corsa, J. Aue Sobol ha ottenuto un risultato stupefacente: ritratti intensi, in bianco e nero, fortemente impattanti, a tratti vulnerabili.

“Lavorare con bianco e nero è sempre stato il modo più diretto per me per raggiungere le domande più esistenziali. Mi piace pensare che siano qualcosa d’altro e di più di quello che mostrano”. A colori, invece, è un altro bel progetto: quello di Alvaro LaizTransmongolian: the secret history of the Mongols” che tratta un tema attualissimo come l’omosessualità, ancora un tabù in Mongolia, dove il peso della tradizione e gli anni del controllo sovietico si fanno ancora sentire e dove gay, lesbiche e transessuali continuano ad essere respinti e vittime, vivendo una vita di solitudine.

Ancora, in mostra anche i progetti di Tomasz Lazar con “Theater of Life – Focus on Polonia“, una riflessione sul surrealismo della vita quotidiana; William Albert Allart che con “Portraits of America” offre uno spaccato di un lato della società americana spesso trascurata; Albert Bonsfills che in “Lina and Mengchun” racconta la solidarietà e una particolare amicizia tra due ragazze; Mathias Braschler & Monika Fischer che mostrano originali ritratti di agricoltori yak, ginecologi, personaggi televisivi, capi villaggio, gondolieri, prostitute, rivoluzionari, stelle del circo, impiegati di banca, mendicanti e collezionisti di spazzatura in “The China Project“.

All’appello mancano ancora Carlo Lovari e la sua scatola di ricordi in “Viaggio in famiglia”; una mostra sulla smart photography curata da Kathy Ryan e Scott Thode; il progetto “Negative Zero Chapter 1: Birth” di Anastasia Taylor-Lind e il focus di Martin Weber sui desideri e le speranze delle persone che popolano l’America Latina. Infine, sul livello sociale-economico e politico, è a cura di Terra Project la collettiva “Land Inc.”, una ricerca sullo sfruttamento territoriale (tra land grabbing e investimenti agricoli) in Brasile, Dubai, Etiopia, Indonesia, Madagascar, Filippine e Ucraina che non giova alle popolazioni indigene ma che anzi li priva di molte forme di sostentamento.

Insomma, di spunti di riflessione anche per questa edizione – che prosegue fino al 28 settembre – ce ne sono tantissimi. E non è ancora finita perché lo staff di Cortona On The Move ha in serbo diverse sorprese, specie nelle giornate inaugurali.

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