Se ne parlò tanto al G8 che si tenne a L’Aquila nel 2009 e ora l’Unione europea preme su questo versante. Al punto che, all’inizio di questa settimana, un operatore energetico del Regno Unito, Drax, ha avuto il via libera da Bruxelles per un impianto di questo tipo, ottenendo 300 milioni di euro di finanziamenti. Il Carbon capture and storage (Ccs) è un metodo per lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta dalle centrali a combustibili fossili. Così questo nuovo sito che verrà costruito a Selby, nello Yorkshire nel nord dell’Inghilterra, produrrà energia dal carbone e immagazzinerà gli inquinanti in un deposito sotto il Mare del Nord. Sarà un impianto in grado di dare energia elettrica a 630mila abitazioni, creando anche migliaia di posti di lavoro, che verranno impiegati anche per la costruzione delle tubature dirette verso il sito di stoccaggio. Del progetto ne ha scritto per primo il Guardian, specificando che il piano, dal nome quasi poetico di “White Rose”, sia il più grande e ambizioso in Europa per quanto riguarda il Ccs. Un piano che neanche il Guardian, giornale progressista e molto ambientalista, critica, nemmeno fra le righe. Del resto nel Regno Unito ora questa tecnologia viene vista come la panacea a ogni male ambientale derivante dai combustibili fossili, ogni partito politico è d’accordo, compreso quello dei Verdi, e la stampa è pressoché unanime: il Ccs è il futuro.

Contattata da ilfattoquotidiano.it, l’associazione ambientalista Greenpeace è comunque scettica: “Ora è vitale che venga stabilito un quadro di regole forti, in modo che il trasporto e lo stoccaggio della Co2 sia sicuro, buono per l’ambiente e soggetto a un controllo potente e indipendente. Gli elementi chiave ora sono le previsioni di sistemi di monitoraggio efficiente e di meccanismi per sondare eventuali perdite di Co2”. Gli esperti lo dicono: le analisi sui cinque grandi siti di Ccs attualmente in uso al mondo (si va dalla Norvegia al deserto del Sahara) mostrano che il 99% dell’anidride carbonica stoccata è destinata a rimanere tale pressoché per l’eternità. Su Internet spesso si leggono teorie catastrofiste relative a terremoti che potrebbero interessare queste aree, liberando improvvisamente grandi quantità di Co2 che potrebbero essere letali.

Si cita spesso il caso del Lago Nyos, in Camerun, dove nel 1986 quasi 2mila persone morirono asfissiate. Ma quello era un fenomeno del tutto naturale, dovuto a sacche di anidride carbonica di origine vulcanica e intrappolate dal bacino lacustre, poi liberate in superficie, dove causarono appunto la morte per asfissia. Non ha nulla a che fare quindi con queste tecnologie legate agli impianti energetici, anche se Greenpeace avverte: maggiore sicurezza va garantita durante il trasporto delle sostanze inquinanti verso il sito di immagazzinamento. Altri gruppi di pressione, come la Carbon capture & storage association, che ha sede proprio a Londra, confermano invece la necessità di uno sviluppo di questa tecnica, “che ha bisogno anche di finanziamenti europei”.

I fondi, del resto, come nel caso dello Yorkshire, si iniziano a vedere e proprio a questo impianto di Drax è andata una gran parte di quel miliardo di euro destinato a 19 impianti di efficientamento energetico e ambientale in tutto il continente. Un comitato del parlamento britannico, proprio lo scorso maggio, aveva lanciato un appello per lo sviluppo del Ccs, giudicato “vitale” per il cambiamento climatico. E anche il commissario europeo per il clima, Connie Hedegaard, poche settimane fa ha spinto verso questa soluzione, “così aiuteremo l’ambiente e daremo una mano all’Europa a essere meno dipendente da qualcun altro nel campo dell’energia”. Al miliardo di euro proveniente da Bruxelles in questi mesi si aggiungono anche 900 milioni di euro di investimenti privati nel settore.

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