A Cremona tre poliziotti sono stati condannati per falso ideologico e per avere violato il domicilio di un giovane, morto suicida dopo essere stato ingiustamente accusato di essere uno spacciatore. Il 25enne Anton Alberti – bielorusso di Chernobyl adottato da una famiglia di Soresina, in provincia di Cremona, quando aveva 7 anni – si è tolto la vita il 15 settembre 2012. Prima è stato perquisito dalla polizia a seguito della segnalazione di due extracomunitari che, trovati in possesso di sostanze stupefacenti da un pattuglia della Polstrada di Crema l’11 settembre 2012, accusano il giovane di essere il pusher che li aveva riforniti.

Non essendo del posto e non conoscendo Anton, gli uomini delle forze dell’ordine vanno nella caserma locale dei carabinieri. E anche a loro non risulta che Anton sia uno spacciatore. Arrivati a casa di Anton i poliziotti, che nel frattempo sono diventati cinque per l’arrivo di un’altra pattuglia a supporto, procedono ad una perquisizione. Il ragazzo quel giorno era in casa. Non era andato al lavoro perché aveva mal di schiena. Gli agenti lo portano in Questura “per identificarlo”. Nel tardo pomeriggio il giovane rientra a casa, e anche se in seguito sarà scagionato dalle accuse, è molto scosso da quello che gli è capitato. Il 13 settembre, poi, sulla stampa locale compare un articolo dove viene raccontata la cronaca del fermo e della perquisizione di un “ragazzo di Soresina originario della Bielorussia”, aggiungendo la falsa informazione del rinvenimento a casa dello stesso di sostanze stupefacenti. Era come fare il nome e cognome di Anton Alberti e legarlo a un fatto di droga. 

Anton confida tutta la sua amarezza anche al datore di lavoro, che gli consiglia di rivolgersi a un avvocato. Ma sabato 15 settembre 2012 il corpo del ragazzo senza vita viene rinvenuto dalla madre: il giovane si è impiccato. Lascia un messaggio ai parenti in cui dice di “considerarsi indegno” del loro affetto e i carabinieri di Cremona decidono di indagare sui motivi di quel gesto. Vengono così a sapere dell’operazione della Polstrada, della perquisizione e dell’articolo sul giornale e trasmettono gli atti alla Procura. Le indagini, condotte dal Pubblico ministero di Cremona, Francesco Messina, durano 3 mesi e portano al rinvio a giudizio di 5 agenti di polizia.

Escludendo sin da subito l’ipotesi accusatoria dell’istigazione al suicidio, il 10 giugno scorso due agenti sono stati condannati dal Tribunale di Cremona rispettivamente a un anno e due mesi e a nove mesi, per violazione di domicilio e un terzo a nove mesi per falso ideologico. Tutti assolti (compresi altri due agenti) dall’accusa di sequestro di persona. Si attendono le motivazioni delle sentenza, ma per il giudice è chiaro che nessuno poteva violare il domicilio di Anton. “Una decisione che siamo certi verrà ribaltata nei successivi gradi di giudizio”, ha detto Daniel Segre del Sap di Cremona. Per l’avvocato Luca Landi, legale di parte civile in rappresentanza della famiglia di Anton Alberti, si tratta invece di “una sentenza storica, che stabilisce le colpe della Polizia anche quando le violenze sono solo verbali o psicologiche e non fisiche”.

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