Il suo nome era saltato fuori nel corso di precedenti interrogatori. Almeno una delle persone sentite dai pm in queste settimane, aveva detto che lui, su quella vicenda della mancata scorta a Marco Biagi, poteva sapere qualcosa. Per questo, per la prima volta, il nome di Romano Prodi è entrato, come persona informata sui fatti, nel caso del giuslavorista e nella inchiesta bis aperta dalla procura della Repubblica di Bologna. L’ex premier, presidente della Commissione europea ai tempi dell’omicidio il 19 marzo 2002, è stato infatti sentito mercoledì dal sostituto procuratore Antonello Gustapane. Un colloquio breve al termine del quale il professore, uscendo dal palazzo di via Garibaldi, ha rilasciato solo una breve e formale dichiarazione: “Ho semplicemente risposto negativamente al fatto che sapessi di problemi speciali riguardo alla sua sicurezza”, ha detto Prodi, di fatto negando di avere saputo da Biagi, suo amico e occasionalmente collaboratore, delle paure sulla sua incolumità. “Mi hanno chiesto – ha spiegato Prodi – della collaborazione e dei miei rapporti con Biagi e se mi avesse parlato di problemi. Io ho risposto di no: non era mai venuto fuori l’argomento. Tutto qua, purtroppo non è che abbia potuto aiutare più di tanto”. Infine, mentre già si infilava nell’auto, a una cronista che gli chiedeva se il giuslavorista gli avesse manifestato preoccupazioni a riguardo, Prodi ha risposto con un “non mi ricordo”.

Poco prima davanti al pm Gustapane – che ha riaperto l’indagine sulla mancata scorta ipotizzando il reato di omicidio per omissione (al momento a carico di ignoti) assieme al procuratore capo Roberto Alfonso – Prodi ha riportato sostanzialmente i dettagli della sua conoscenza personale con il giuslavorista ucciso dalle Nuove brigate rosse in via Valdonica. Una conoscenza personale e familiare risalente negli anni. Inoltre Marco Biagi aveva collaborato con Romano Prodi nel 2000 sui temi del lavoro, quando già il fondatore dell’Ulivo era a Bruxelles. L’inchiesta bis era iniziata alcuni mesi fa, dopo il ritrovamento di alcuni appunti nell’archivio dell’ex segretario di Claudio Scajola, Luciano Zocchi. Questi, datati 15 marzo 2002, proverebbero che l’allora ministro degli interni sapeva dei pericoli che correva Biagi, nonostante in Parlamento lo avesse poi negato. Una prima inchiesta (nel corso della quale Prodi non fu sentito) sulla mancata scorta era stata aperta subito dopo il delitto, ma dopo l’iscrizione a registro di alcuni funzionari, tra cui l’allora Prefetto e l’allora questore di Bologna, tutto venne archiviato agli inizi del 2004.

Nelle ultime settimane Prodi è solo l’ultimo politico di spicco a sfilare davanti ai magistrati. Sono stati già sentiti Pier Ferdinando Casini; Maurizio Sacconi e sua moglie Enrica Giorgetti; l’allora ministro del lavoro Roberto Maroni e quello della funzione pubblica Franco Frattini; il successore di Scajola al Viminale, Beppe Pisanu; i capi dei servizi segreti; i vertici della Confindustria a partire dal presidente Antonio D’Amato; lo stesso Luciano Zocchi, che ha spiegato il perché di quegli appunti tenuti in un armadio per 12 anni; la stessa ex brigatista, oggi ‘pentita’, Cinzia Banelli, condannata per l’omicidio e sentita dai magistrati in una località segreta dove è ora protetta. Inoltre per ben due volte, l’ultima giovedì 26 giugno, Gustapane ha voluto sentire la vedova di Biagi, Marina Orlandi. In molti, tra i sentiti, hanno confermato ai magistrati che Scajola era stato avvisato dei pericoli che correva Biagi. Così presto potrebbe essere sentito lo stesso ex ministro degli interni, ancora agli arresti per il caso Matacena. Di certo nei prossimi giorni nuovi big della politica di oggi e di allora potrebbero varcare il portone della procura per aiutare a ricostruire quei giorni in cui in tanti non sentirono le richieste di aiuto di Marco Biagi.

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