Nicolas Sarkozy, durante la sua carriera politica e nella propria vita personale, è sempre stato in corsa sulle montagne russe: ascese rapide e prepotenti, seguite da discese all’apparenza definitive, per poi sempre, sempre rimbalzare verso l’alto. Ma questa volta rinascere, almeno agli occhi dell’opinione pubblica del suo Paese, non sarà facile. Nessun ex inquilino dell’Eliseo aveva mai subito l’onta di uno stato di fermo, deciso oggi a suo carico nel corso dell’interrogatorio da parte dei magistrati di Nanterre. E il fatto avviene proprio ora che in Francia la sinistra è drammaticamente in crisi, che Marine Le Pen si ritrova in piena ascesa. E lui sembrava già predestinato al ritorno sulla scena politica, unico possibile salvatore della democrazia, almeno quella tradizionale e di destra, all’orizzonte delle presidenziali del 2017. Lui, furbetto, charmeur e decisionista, che a un certo francese medio continua a piacere.

La giustizia ha ronzato per anni intorno a Sarkozy senza mai beccarlo con le mani in pasta : senza mai decidere semplicemente di metterlo in stato di fermo, come hanno deciso di fare i magistrati di Nanterre. Eppure sono almeno vent’anni che Sarkò si ritrova implicato in una serie innumerevole di « affaires ». Ogni volta, però, non si trova la prova definitiva del reato. Oppure la responsabilità viene scaricata su uno dei componenti del suo vasto entourage : una fitta rete di amici, che in molti casi sono gli stessi da anni e anni, perché Sarkozy ha una concezione sacrale, « mediterranea » dell’amicizia. Lo stato di fermo scaturisce nell’ambito dell’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti di Muammar Gheddafi alla sua campagna presidenziale nel 2007. Anche in questo caso la responsabilità è stata scaricata su Claude Guéant, ex eminenza grigia dell’ex presidente. La veridicità di un documento pubblicato dal sito Mediapart, che proverebbe i finanziamenti, non è stata fino a questo momento dimostrata. In altri casi, la stessa musica : per l’affaire relativo a Liliane Bettencourt, anziana miliardaria francese, che sarebbe stata raggirata da Sarkozy ancora per lo stesso motivo (finanziare le sue campagne elettorali), la responsabilità è stata scaricata su un altro personaggio, vicinissimo all’ex presidente, Eric Woerth, che faceva da intermediario, nonostante le visite attestate di Nicolas alla casa della signora. Poi c’ è il vecchio scandalo, che risale agli anni Novanta, delle tangenti incassate su forniture militari al Pakistan, che ha portato alla morte di un gruppo di tecnici e ingegneri francesi a Karachi, un assurdo attentato per vendicarsi contro i francesi che non avevano pagato l’intera somma pattuita. Anche lì i giudici si sono avvicinati al bersaglio, Nicolas Sarkozy, senza mai riuscire a colpirlo. Anche quando era chiaro il coinvolgimento dell’uomo politico, almeno la sua responsabilità morale.

Sarkozy è stato fermato per il sospetto che abbia ottenuto informazioni sulle inchieste che lo riguardavano da un magistrato, al quale, in cambio, avrebbe promesso un ruolo di prestigio. In Francia vige l’assoggettamento dei Pm al potere esecutivo. Insomma, i magistrati delle procure non sono nominati in maniera autonoma ma direttamente dal ministero della Giustizia. E questo ha aiutato non poco Sarkozy, quando era Presidente. Ai tempi, quando anche Silvio Berlusconi era al potere, il premier italiano parlò del «modello» francese cui ci si doveva ispirare in Italia. Su quella valenza di «modello» non sono d’accordo alla Corte europea dei diritti umani, che ha già condannato la Francia per questa sua eccezione del sistema giudiziario, rispetto al resto del Vecchio continente. Nel Paese le uniche inchieste davvero indipendenti (e non sempre) vengono effettuate dai giudici istruttori, ma a loro ormai è affidato un numero sempre più basso di cause (praticamente il 3% del totale), anche per ragioni legate alle risorse economiche necessarie. Tanto per fare un esempio, relativo proprio a uno degli scandali che hanno toccato Sarkozy, l’affaire Bettencourt inzialmente venne affidato non a un giudice istruttore ma all’allora procuratore di Nanterre, Philippe Courroye, che era notoriamente amico di Nicolas Sarkozy. Uscivano insieme al ristorante con le rispettive mogli. E negli ambienti giudiziari si diceva che Courroye aveva fatto carriera grazie agli « aiutini » di Sarkò. Eppure, ci vollero svariati mesi prima che l’inchiesta venisse tolta a Courroye e affidata a un altro giudice. Se le inchieste su alcuni affaires, che riguardano l’ex presidente, sono andate avanti, si deve al coraggio di alcuni giudici istruttori. E al martellamento di alcuni media, soprattutto « nuovi media », come il sito d’informazione Mediapart.

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