Ermanno Scervino non è solo amico e suggeritore dello style scanzonato del premier Matteo Renzi, ma anche della signora Agnese. Lui in abito blu d’ordinanza, lei in abito rosa cipria tricot/chic (ma non aveva detto che non ci teneva a fare la first lady?) hanno inaugurato la 86esima edizione di Pitti Uomo a Firenze. Di lui dicono: ha carattere, ma poco stile, malgrado Scervino ce la metta tutta. Di lui dicono: ha svecchiato politica e look, ha rottamato D’Alema e Bersani ed è stato un buon rimedio al vuoto pneumatico e al continuo ronzare di frasi inutili. Ma sul look Toni Scervino lo difende: “Non siamo suggeritori dello stile. Lui ha inventato un suo modo unico di vestire, innovativo a modo suo”.

E va in scena il Renzi Tour. Prima tappa, prima gag al bar di Piazza della Signoria che frequentava quando era sindaco. “Pago io, anche se in questa città non conto più niente”. Renzi e la sua scorta. Quando ha visto l’auto blu, si è messo le mani sul viso e, marpione e con la sua “s” sibilante ha esclamato: “Avete parcheggiato qui? Nooo. Io non posso salire in macchina in piazza della Signoria. Mai salirò in macchina in piazza della Signoria, l’ho pedonalizzata io”.

Tra una gag e un’altra gag promette finanziamenti: “Stiamo lavorando al rilancio del made in Italy”. Siamo in fiduciosa attesa. Mentre sfila la White Renaissance di Scervino a Forte Belvedere, Firenze ai piedi di lady Agnese che più veloce di una modella si cambia d’abito e si infila in un tubino bianco pizzoso.

Parlando di stile, lo ‘stiloso’ Tonino Cacace, patron del Capri Palace, lancia il Capri Touch. In tempi di ristrettezze di mercato lui punta tutto sull’artigianato locale. E mentre la Capri della piazzetta ha venduto l’anima alla griffe (Prada, Dolce & Gabbana, Ferragamo & company) lui nel suo eremo di Anacapri punta tutto sul brand fatto su misura: piatti (e non solo) di ceramica cesellati dai maestri di Vietri, giovanissime e graziosissime ragazze che anziché sognare di andare all’Isola dei Famosi hanno scelto di fare le ciabattine, inchiodano suole e intrecciano sandali di cuoio e sarte di bottega inchinate sulle macchine da cucire. Come gli ultimi degli eroi resistono, lottano contro la globalizzazione e vivono di creatività e di bellezza. Una bellezza manifatturiera che varca i confini e Capri Touch tocca Parigi, Londra e Dubai, mentre Tonino è invitato a tenere conferenze nelle università di mezza Italia sul marketing al tempo della crisi.

Mi telefona Renzo Cianfanelli, inviato di tutte le guerre per il Corsera, e mi fa: “Devo presentarti un tipo”. Figlio di rabbino ashkenazita, il vulcanico e proteiforme Tuvia Tenembom è commediografo, regista, impresario teatrale e affabulatore specializzato, così mi dice Cianfanelli, in improbabili storie che sono poi delle autentiche provocazioni a 360 gradi. L’ultima si chiama “Ho dormito nella stanza di Hitler” (in uscita in Italia con Bollati Boringhieri). L’hanno paragonato al Borat della scrittura. Nato e cresciuto in Israele, a un certo punto questo infaticabile factotum del paradosso ha lasciato la sempre adorata Terra Promessa (dove comunque ogni tanto ritorna) per trasmigrare a New York, con tanto di cittadinanza USA. Come mai? Elementare, chiarisce Tuvia. “Se restavo a Tel Aviv potevo dare fastidio solo agli ebrei e agli arabi. Dalla Grande Mela, dove io e mia moglie Miriam abbiamo fondato il Teatro Ebraico di New York, ora la provocazione diventa globale. Gli hassidim ultraortodossi e gli islamisti fanatici ci odiano perché li mettiamo in ridicolo. Vuol dire che abbiamo colto nel segno. Cerchiamo di dare una svegliata all’America e anche all’Europa. Ne hanno bisogno”.
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