Gioire in silenzio per un gol della squadra dei sogni ed evitare così la morte, la vendetta dei fanatici dell’Islam per cui il calcio distrae le menti dalla preghiera. Tifare nel buio delle proprie case senza emettere un fiato per non farsi scoprire dalle ronde dei guerriglieri dell’Isis che pattugliano Raqqa ‘capitale’ del califfato creato dai miliziani sunniti a cavallo tra Siria e Iraq. “Il primo giorno dei Mondiali quelli dell’Isis sono entrati nei locali dove trasmettevano la partita e ci hanno forzato ad andare a pregare. Così, per la partita Spagna-Olanda ci siamo ritrovati a casa di un amico e, stando attenti a non far rumore, abbiamo tifato per le nostre squadre preferite. Eravamo in 6, e ognuno aveva la sua squadra del cuore: siamo proprio come la rivoluzione siriana, ognuno appartiene a un gruppo diverso. E abbiamo visto l’Olanda ‘asfaltare’ la Spagna, proprio come l’Isis ha fatto con l’Iraq. Loro vogliono che tutto sia triste e desolato, ma io amo troppo il calcio“, ha raccontato all’Afp Abu Ibrahim, fan del Brasile, che ha sfidato il divieto per raccontare la sua passione.

Pochi giorni prima, i guerriglieri nati da una costola di al Qaeda avevano organizzato un falò pubblico nel quale erano stati bruciati migliaia di cartoni di sigarette: anche fumare è contrario alla loro applicazione radicale dei detti del profeta Maometto. L’Occidente scoprì l’iconoclastia dei Taliban, gli ‘studenti’ islamici dai turbanti neri che conquistarono l’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe sovietiche nei resoconti dei reporter che arrivando a Kandahar osservano le televisioni ‘impiccate’ con i loro cavi di alimentazione agli alberi all’ingresso della città inghirlandati dei nastri neri delle cassette di musica eviscerate. Nella loro simbologia medioevale riadattata ai tempi dei social network gli jihadisti sunniti siro-iracheni avevano giorni fa postato su Twitter l’immagine di una testa mozzata poggiata sopra il corpo del condannato ‘titolandola’ con l’hashtag #WorldCup: “Questo è il nostro pallone, ed è fatto di pelle”.

I ‘ragazzi’ della Sharia (la legge islamica, ndr) somali, gli Shabaab, hanno assaltato per due giorni di seguito la località balneare keniota di Mpeketoni dando alle fiamme alberghi dove venivano trasmessi match dei Mondiali brasiliani. Almeno 60 le vittime del raid. Nelle aree della Somalia controllate dagli Shabaab vige la legge del taglione: ai ladri viene amputata la mano. Il primo attacco oltre le frontiere somale con i quali i ‘ragazzi del Corano’ si fecero conoscere dal mondo, avvenne l’11 luglio del 2010 -giorno della finale dei Mondiali in Sudafrica – con una serie di attentati suicidi nei ritrovi dei tifosi a Kampala, capitale dell’Uganda, per punire il paese per l’intervento in Somalia sotto la bandiera della missione di pace Onu.

In Nigeria il gruppo terrorista di Boko Haram (composto della storpiatura di book – libro, strumento occidentale – e dell’arabo haram, proibito) ha vietato gli assembramenti davanti ai televisori, per vedere le Aquile, la squadra nazionale impegnata in Brasile, minacciando di assaltare i luoghi dove la fatwa, la proibizione, non verrà rispettata. Il governo di Abuja ha deciso di chiudere i luoghi di ritrovo per evitare attentati da parte del gruppo terrorista, responsabile anche del rapimento quasi due mesi fa di circa 200 studentesse cristiane nel nord del paese a maggioranza musulmana.

In Egitto un leader religioso salafita, setta radicale sunnita, ha affermato proprio ieri che la rassegna mondiale distrae per un mese intero i fedeli dai loro compiti religiosi e porta “alla distruzione delle nazioni e dei popoli”. Nel 2022 i Mondiali sono previsti in Qatar, l’emirato la cui vasta famiglia regnante dei nababbi del petrolio sponsorizza e possiede diverse squadre europee, mentre sfrutta la manodopera degli immigrati asiatici per la costruzione degli stadi. Di certo gli ultrà dell’Islam non mancheranno di farsi sentire nella loro crociata iconoclasta dei simboli della degradazione occidentale per punire gli ‘apostati’ del Golfo che metteranno in scena il corrotto spettacolo dei Mondiali nelle terre sacre all’Islam.

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