Sul perché la giustizia amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) vada al più presto abolita ho già scritto recentemente. Ma le ultime vicende corruttive che sono emerse nella materia degli appalti pubblici impongono nuove considerazioni.

Innanzitutto va posta l’attenzione sull’”inefficienza” dei Tar e del Consiglio di Stato. Non mi riferisco tanto agli scarsi numeri di ricorsi decisi, su cui molto è già stato scritto, ma al fatto che tali organi, preposti a controllare la legalità sugli appalti pubblici, hanno evidentemente fallito: non sono stati in grado di capire le massicce infiltrazioni mafiose e di proteggere gli interessi della collettività. Questo a mio avviso dipende soprattutto dalla diversa formazione culturale: i giudici amministrativi sono i giudici degli interessi legittimi, e mal si muovono tra crimini e mafia. Ma gli appalti pubblici sono ormai mafia e criminalità. E, quindi la giustizia amministrativa non ha più alcun senso ed azioni efficaci in questa prospettiva, sia per forma culturale che per modalità di esercizio del potere. Se la mafia campa di appalti pubblici da decenni e da decenni le autorità preposte (Tar e Consiglio di Stato) non sono stati in grado di cambiare nulla, non è il caso di riformare (abolendola) l’istituzione?

A ciò si aggiunga che il Governo ha di recente addirittura dovuto “commissariare” l’autorità preposta alla vigilanza dei contratti pubblici, che era diretta proprio da un consigliere di Stato (Sergio Santoro). Infine, il codice degli appalti c.d. codice de Lise, viene ormai indicato come uno strumento inadeguato e inefficiente a garantire la legalità negli appalti: anche esso è stato scritto da una commissione composta in parte e significativamente presieduta da magistrati amministrativi. Cosa altro serve per capire che ormai si deve cambiare?

Oltre a ciò, è interessante analizzare le sconcertanti affermazioni emerse nelle recenti inchieste, in merito a sentenze che sarebbero (il condizionale è d’obbligo) addirittura state vendute nei Tar e nel Consiglio di Stato. Vero o non vero, una considerazione pare d’obbligo: difronte a simili montagne di denaro è insensato e sbagliato lasciare il potere decisorio in mano ad una manciata di magistrati amministrativi (basti pensare che le cause miliardarie su tutti gli appalti italiani sono decise in ultimo grado da non più di venti – venti! – consiglieri di Stato che compongono la sezione competente): è più facile corrompere o condizionare (parliamo sempre in linea solo teorica) una manciata di magistrati amministrativi o le centinaia di magistrati ordinari che, abitualmente, mettono in galera mafiosi e faccendieri (e, talvolta, giudici amministrativi) che truccano gli appalti? Ed allora perché non riformare in tal senso?

Ciò senza contare neanche che la giustizia amministrativa non ha mai voluto fare chiarezza sull’area grigia tra che si è creata tra mafia e massoneria e che alcuni consiglieri di Stato vengono dalle fila della massoneria (per alcuni infatti è stato accertato essere massoni in sonno, mentre altri furono coinvolti nello scandalo P2).

Se Renzi sta facendo un’ottima cosa nel diminuire i privilegi stipendiali degli avvocati dello Stato, cominci seriamente a pensare alla abolizione della giustizia amministrativa e, nell’immediato, a sottrarre agli stessi materie fondamentali come gli appalti, l’urbanistica e il “pubblico impiego che conta” dalle competenze dei Tar e del Consiglio di Stato: in cambio, perché non dare loro la giurisdizione sulle multe stradali, come avviene per i magistrati amministrativi francesi, materia oggi di competenza della giustizia ordinaria (proprio tale fattispecie dimostra peraltro che allo stato della nostra Costituzione ben si può togliere alla giustizia amministrativa anche materie in cui rilevano interessi legittimi unitamente ai diritti soggettivi)?

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