Una frode fiscale da 33 milioni di euro, una rete di operazioni illecite che dall’imprenditoria reggiana passa per Roma e arriva fino alla Calabria. Sono i contorni della realtà emersa dall’inchiesta della Procura di Reggio Emilia, che tra giovedì e venerdì ha portato sei persone in carcere e sei agli arresti domiciliari, per un totale di 41 indagati, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, riciclaggio e truffa ai danni dello Stato. L’indagine Octopus, portata avanti dal 2011 da carabinieri e Guardia di finanza, e coordinata dal pm Valentina Salvi, ha riguardato 12 società “cartiera” appositamente costituite, acquisite e poi intestate a prestanome sparsi tra Roma, Reggio Emilia, Napoli e Viterbo, e ha coinvolto anche personaggi noti della città emiliana.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, le società erano create ad hoc per permettere ad imprese con sede in altre province di evadere le imposte sui redditi e l’Iva attraverso il sistema delle false fatturazioni. Il metodo collaudato era quello della “frode carosello dell’Iva”, che si basa su concatenazioni di transazioni fittizie effettuate da imprese che venivano controllate direttamente dagli indagati. E questo, grazie a “teste di legno” che venivano messe a capo delle società, in modo da poter coprire le operazioni. Tra i capi di imputazione c’è anche la truffa ai danni dello Stato per 232mila euro tramite l’esenzione di imposta sul valore aggiunto che viene riservata alle imprese che operano all’estero. Inoltre il sodalizio avrebbe tentato anche di ottenere un finanziamento pubblico dal ministero dello Sviluppo economico, presentando come giustificativo le false fatture.

Tra le persone finite in carcere, il giornalista televisivo Marco Gibertini, 48 anni, accusato di associazione per delinquere e di avere emesso fatture a fronte di prestazioni inesistenti grazie alla sua società Gibertini Comunicazioni. Tra i nomi spicca anche quello di Mirco Salsi, imprenditore della Reggiana Gourmet finito ai domiciliari, Antonio Silipo, imprenditore di origine cutrese già in carcere a Parma per un giro di usura, e l’imprenditore Omar Costi. Un ruolo chiave lo avrebbe avuto, insieme a Gibertini, Andrea Rossi, finito ai domiciliari, che fino al 2013 lavorava alla Cna. Il suo compito era quello di individuare le ditte che avevano bisogno di evadere e quindi anche i prestanome da mettere a capo delle società che emettevano false fatture. Silipo invece, rappresenta per gli inquirenti il legame con la malavita locale. Il suo ruolo sarebbe stato quello di reinvestire i proventi dell’operazione in affari illeciti sul territorio, oltre a prestare denaro con tassi usurai. A finire in manette anche il napoletano Luca Ferriero, Piersandro Pregliasco di Torino e il romano Marco Castaldi. L’indagine ha portato alla luce anche un’attività di riciclaggio, contestato a Patrizia Montanari, moglie dell’ex presidente Cna di Reggio Tristano Mussini. La donna, legale rappresentante della Cop Asfalti, secondo l’accusa, ha trasferito denaro ed emesso fatture per operazioni fittizie.

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