Alessandra, siciliana di Catania, vorrebbe essere la prima. Da due mesi attende che sia pubblicata in Gazzetta ufficiale la sentenza della Consulta. Una volta caduto il divieto di fecondazione eterologa per volere dei giudici costituzionali, chiede solo una cosa: di poter mettere subito al mondo quel figlio, a lungo negato. “Ho perso troppo tempo, non posso aspettare ancora”, spiega Alessandra che a 38 anni ha scoperto di essere in menopausa precoce. Adesso di anni ne ha 41 e vorrebbe che la sua odissea per diventare madre terminasse. Con un lieto fine e possibilmente in Italia, visto che la tecnica e la legge lo consentirebbero adesso anche alle nostre latitudini. “Non voglio essere presa ancora in giro, però. Se davvero in Italia il divieto di eterologa è caduto, partiamo subito”, recita l’appello di Alessandra, sapendo che l’unico vero ostacolo ora è il partito del “rinvio in attesa di nuove norme”, guidato dall’ex sottosegretaria Eugenia Roccella. E dal suo braccio destro, Assuntina Morresi, ora consigliera del ministro Beatrice Lorenzin. “Io sono pronta, la struttura a cui mi sono rivolta anche”, replica Alessandra. Ci sono i protocolli internazionali da seguire, c’è la normativa europea sulla tracciabilità e l’anonimato dei tessuti, già recepita dall’Italia. “Di che altro c’è bisogno?”, domanda Alessandra: “Siamo migliaia in fila in tutta la penisola, siamo più numerose di quanto hanno voluto far credere in questi anni, parlamento e governo non possono continuare a mettere la testa sotto la sabbia”.

Lucia, siciliana anche lei, ha 32 anni ed è madre di due bambini bellissimi. Due gemelli, nati grazie alla fecondazione assistita, effettuata nello stesso centro a cui si è rivolta Alessandra. “Sono stati la mia seconda casa, è stato un percorso lungo, ci sono voluti due cicli di stimolazione ovarica per produrre gli ovociti necessari alla fecondazione, non è stato facile, oltretutto la gravidanza è stata terribile e non potrei mai affrontarne un’altra, ma ce l’ho fatta: adesso ho ancora 11 congelati e vorrei donarne 5 alla ricerca e 6 perché un’altra donna possa diventare madre. So cosa vuol dire non riuscire ad avere un figlio”. È molto determinata Lucia. E sicura della sua scelta. È stata lei a telefonare al centro per dire che appena si potrà, sarà la prima a dare il consenso all’ovodonazione. “No, non mi mette a disagio sapere che grazie a un mio ovulo nascerà un bambino che non avrò mai modo di conoscere”, spiega: “Quell’ovulo non farà di me una madre al 50 o al 25 per cento, ma consentirà a un’altra donna di mettere al mondo suo figlio e questo sì, per me ha un significato speciale. E poi ho un’amica molto cara che non può avere bambini e non può andare all’estero: con questa sentenza forse potrà tentare l’eterologa in Italia. È anche per lei che lo faccio”.

Alessandra, che è una dipendente pubblica, i soldi per andare all’estero, insieme al marito, li aveva già messi da parte. “Ma ci hanno aiutati i parenti con i loro risparmi, perché ci vogliono 5mila euro solo per il primo tentativo e ne devi considerare almeno due, più il volo e le spese di soggiorno”. Sarebbero dovuti partire in questi giorni. Destinazione: Grecia, Salonicco, dove l’eterologa la praticano dal 1989. Poi il 9 aprile è arrivata la sentenza della Consulta e hanno deciso di aspettare. “A Catania, presso il centro dove sono in cura, spenderei la metà e mi sentirei molto più sicura, perché li conosco e mi fido. Però, dopo la pubblicazione della sentenza, o ci dicono che in Italia l’eterologa si può fare davvero e subito o mi costringeranno a partire lo stesso, perché non posso perdere altro tempo. Già un anno fa avevo iniziato la stimolazione. Poi ho scoperto di avere un nodulo al seno e ho dovuto sospendere tutto. Adesso basta, non voglio altri ostacoli”. Quelli della vita sono sufficienti. “Non è stato facile per me accettare questa situazione. Con mio marito ne abbiamo parlato a lungo e abbiamo deciso che se tutto andrà bene, lui che può donerà lo sperma per consentire anche ad altre copie di avere figli”.

Storie di mutuo soccorso. Lucia non è l’unica ad aver già deciso per l’ovodonazione. Una campagna vera e propria ancora non è partita, ma solo a Catania di adesioni spontanee ne sono già arrivate undici. “Ci sono più di 70mila ovociti congelati, in tutta Italia, e sono sicuro che molte altre donne che nel frattempo hanno avuto figli acconsentiranno a donarli”, pronostica Antonino Guglielmino, direttore dell’Istituto di Medicina e Biologia della Riproduzione Hera di Catania. Pochi giorni fa, è nata anche una associazione “per la donazione altruistica e gratuita dei gameti”, con l’idea di promuovere, appena possibile, una campagna di informazione. “È tempo che in Italia cominciamo a rompere questo tabù”, scandisce Lucia, da pioniera: “Quello che mi fa davvero stare male è immaginare che un giorno mia figlia possa avere un problema di fertilità e questo paese le dica: se vuoi avere figli, vai all’estero, qui non puoi”.

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