AvastinDa Duilio Poggiolini all’Aifa: l’eterno ritorno dell’uguale? Non c’è nulla da minimizzare, niente di cui stupirsi: l’Aifa è nella bufera e non è la prima volta. L’altro ieri la Guardia di Finanza ha fatto un blitz in via del Tritone: il sospetto dei pm è la presenza di un piano artificioso messo in piedi da Roche e Novartis per manipolare i criteri di determinazione del prezzo dei farmaci Lucentis e Avastin da parte dell’Aifa. Non voglio trarre conclusioni preventive, quindi mi fermo qui e aspetto il corso della giustizia. Tuttavia, non possiamo fare finta che lo scandalo del 2008 non sia mai esistito e che quello che oggi fa l’Agenzia italiana del farmaco, nata appena 11 anni fa, prima lo faceva il servizio farmaceutico all’interno del ministero della Salute che fino al 1993 era in mano al re Mida della sanità, alias Duilio Poggiolini, già iscritto alla P2 di Licio Gelli, direttore generale del servizio e destinatario di montagne di mazzette da parte di Big Pharma per autorizzare la vendita e stabilire i prezzi dei farmaci. Al momento del suo arresto gli vengono sequestrati oltre 15 miliardi di vecchie lire su un conto svizzero, lingotti d’oro, gioielli, quadri, monete antiche. E nel 2013 viene scoperto un tesoro di 26 milioni di euro nel caveau di Bankitalia. Un anno prima la Corte di Cassazione lo obbliga a risarcire lo Stato di oltre 5 milioni di euro per il reato di corruzione. Impariamo a ricordare, allora.

Torna lo spettro di “Farmacopoli”. Nel 2008 scoppia il primo scandalo dentro l’Aifa, che porta all’arresto di otto dirigenti dell’ente e 19 avvisi di garanzia tra i suoi funzionari e i titolari di imprese farmaceutiche, per aver alterato l’iter di autorizzazione per la messa in commercio di alcuni farmaci (come l’Aulin, che continua a essere prescritto nonostante i gravi effetti collaterali sul fegato).  

Guai a essere onesti, si rischia di essere spediti a casa. È il caso di Nello Martini, all’epoca direttore generale dell’Aifa. Martini, coinvolto pure lui nell’inchiesta, è accusato di disastro colposo perché non ha ordinato l’aggiornamento di 20 foglietti illustrativi. Dell’inutilità del compito ne ho scritto qualche settimana fa. Il 21 giugno 2008 Martini viene licenziato. Peccato che passi sotto silenzio la sua innocenza: l’8 luglio 2010 l’ex direttore dell’Aifa è prosciolto perché “il fatto non costituisce reato”. La mancata correzione dei bugiardini infatti non ha messo in pericolo la salute dei cittadini. Il gip archivia il caso senza bisogno di andare a processo.

Qual è la vera colpa di Martini? Di non farsi comprare dalle industrie del farmaco. Nello Martini, farmacista, è il primo direttore dell’Aifa e da subito lancia un programma d’avanguardia di informazione e formazione indipendente (cioè slegato dagli interessi di Big Pharma) rivolto a medici, infermieri e farmacisti. Questi ricevono ogni due mesi il “Bollettino di informazione sui farmaci”, la “Guida all’uso dei farmaci” e la prima “Guida all’uso dei farmaci e gravidanza”, e hanno la possibilità di seguire corsi di aggiornamento a distanza (cioè il progetto ECCE: 135 mila fra medici e farmacisti coinvolti e 4,8 milioni di crediti formativi assegnati). In più, nel 2005 per la prima volta viene richiesto alle case farmaceutiche di versare il cinque per cento di quello che spendono in convegni e attività di marketing per finanziare ricerche indipendenti in settori che non costituiscono mercati interessanti, come le malattie rare e la farmacovigilanza. Un piano che dà parecchio fastidio alle industrie e che dopo cinque anni svanisce senza clamore.

Sempre per non dimenticare: nel 2010 l’Aifa si trasferisce in via del Tritone, vicino alla Fontana di Trevi. L’affitto della nuova sede costa quasi 4 milioni di euro all’anno, cioè la metà di quello che spendeva nella vecchia struttura situata nella periferia di Roma. I dipendenti sono circa 400, cioè il doppio rispetto a quattro anni fa.

Apriamo gli occhi, interessiamoci di più della sanità, che è il più grande serbatoio di denaro che fa gola ai pezzi grossi.

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