Nonostante la sentenza favorevole per il Lodo Mondadori, il 2013 è stato un annus horribilis per la holding della famiglia De Benedetti, Cir, che solo grazie all’incasso di 494 milioni di euro ricevuti dalla Fininvest dei Berlusconi condannata in via definitiva lo scorso settembre, ha potuto contenere i danni e chiudere i conti con un rosso di “soltanto” 270 milioni di euro che si confronta con la perdita di 30,4 milioni del 2012, portando le perdite della controllante Cofide a 130,4 milioni. Ma senza la multa del Lodo sarebbe andata molto peggio.

In dettaglio, la perdita di 269,2 milioni è “determinata per 236,6 milioni da componenti non ricorrenti”, si legge in una nota della holding che controlla il gruppo editoriale L’Espresso, le cliniche Kos e i componenti automobilistici di Sogefi. Oltre al principale colpevole del risultato, il gruppo energetico Sorgenia, partecipazione che è stata integralmente svalutata dopo il rosso 2013 di 783,4 milioni di euro, in decisa crescita rispetto risultato negativo per 196,8 milioni del 2012. Sui conti di Sorgenia, che a fine 2013 aveva un debito di 1,799 miliardi di euro, hanno pesato “significative svalutazioni, a causa della negativa congiuntura economica e di settore, oltre che dei mutati contesti regolatori”, fa sapere Cir. “In particolare, nel corso dell’esercizio, la controllata Sorgenia ha adeguato il valore dei propri attivi al mutato scenario del mercato dell’energia e al nuovo business plan della società approvato a fine 2013; alle svalutazioni, recepite nel bilancio di Sorgenia, si sono sommate rettifiche di valore operate in Sorgenia Holding e in Cir che hanno portato il valore della partecipazione nel gruppo Sorgenia a zero”.

Quanto al futuro, le difficili trattative tra le banche creditrici, l’azienda energetica e i soci “proseguono attivamente, a testimonianza della volontà delle parti di raggiungere un accordo”, fa ancora sapere Cir precisando che l’andamento della holding “nel 2014 sarà influenzato, oltre che dall’evoluzione dell’ancora incerto quadro macroeconomico, dall’esito della ristrutturazione dell’indebitamento della controllata Sorgenia”.  Nei giorni scorsi i negoziati avevano registrato un’apparente accelerazione che però, evidentemente, non è andata a buon fine. Al centro delle trattative l’earn-out, cioè il meccanismo di partecipazione dei soci Cir e Verbund all’eventuale plusvalenza in caso di vendita di Sorgenia da parte degli istituti di credito in procinto di diventare azionisti con la conversione dei crediti e la manleva, cioè la richiesta di esonero da responsabilità civili per gli amministratori. Su entrambe le richieste le 21 banche creditrici, in prima fila Mps con 710,6 milioni tra Sorgenia e la partecipata Tirreno Power, ma anche Unicredit, Intesa SanPaolo, Ubi e il Banco Popolare, sono state restie a concessioni. Il piano degli istituti prevede un taglio di 600 milioni all’indebitamento di Sorgenia, attraverso l’emissione di un prestito convertendo da 200 milioni e un aumento di capitale da 400 milioni da sottoscrivere conferendo crediti. All’esito della manovra la società dovrà appunto passare nelle mani dei creditori, che saliranno al 98% del capitale, mentre Cir e Verbund si diluiranno al 2%.

Tornando a Cir, se i profitti hanno sofferto, non va meglio per il fatturato visto che i ricavi del gruppo nel 2013 sono scesi del 4,7% a 4,752 miliardi, mentre il margine lordo dopo le componenti non ricorrenti è negativo per 38,3 milioni contro il dato positivo per 316,8 milioni del 2012. “Il margine è stato fortemente penalizzato da componenti straordinarie negative (385,7 milioni), rappresentate prevalentemente dalle svalutazioni della controllata Sorgenia”, spiega ancora la nota secondo la quale senza le voci non ricorrenti il dato sarebbe stato positivo per 347,4 milioni. Tra le voci in miglioramento, quella dell’indebitamento finanziario netto che 31 dicembre 2013 ammontava a 1,845 miliardi, in calo rispetto ai 2,504 miliardi di fine 2012. “Tale riduzione deriva, oltre che dall’incasso a titolo definitivo del risarcimento per il Lodo Mondadori, dal minore indebitamento per 154 milioni delle controllate”. 

A monte della catena di controllo, intanto, il patriarca Carlo De Benedetti ha concluso il percorso di uscita dalle società di famiglia annunciato nel 2009 non ricandidandosi per il consiglio di amministrazione di Cir e dimettendosi da quello di Cofide. “In occasione del rinnovo del consiglio di amministrazione della controllata CIR S.p.A., previsto per la prossima assemblea degli azionisti, Carlo De Benedetti ha deciso di non proseguire il proprio mandato per un nuovo triennio e, conseguentemente, di lasciare anche la carica in Cofide S.p.A. La decisione – spiega una nota di Cofide – è coerente con il percorso di successione nella proprietà del gruppo e di progressivo ritiro dall’attività esecutiva intrapreso da Carlo De Benedetti negli ultimi anni”. De Benedetti resterà presidente onorario delle due holding. In Cir entreranno per la prima volta i due figli dell’Ingegnere, Marco ed Edoardo, candidati nella lista di Cofide per la controllata. La lista è aperta dai nomi dall’attuale presidente, Rodolfo De Benedetti, e dell’amministratore delegato, Monica Mondardini.

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