“Giorgio Orsoni persona corretta”, dice il sindaco Pd Piero Fassino, mentre i renziani invocano “una nuova generazione di politici”. “Larghe intese in manette”, attacca il Movimento 5 stelle. “Dimettermi? Non devo espiare nulla”, si difende il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Nuovo terremoto per la politica di destra e sinistra. Almeno 20 milioni di tangenti e 35 arresti: l’inchiesta Mose porta all’arresto del sindaco di Venezia del Partito democratico Giorgio Orsoni e dell’assessore regionale alle infrastrutture di Forza Italia Renato Chisso. Un centinaio gli indagati, chiesto l’arresto anche per l’ex ministro Giancarlo Galan. Il Partito democratico si spacca però sui commenti alla vicenda. Mentre Alessandra Moretti invoca un cambio della classe dirigente e nemmeno nomina il sindaco di Venezia, il primo cittadino di Torino si sbraccia nella difesa del collega: “Persona corretta. Chi lo conosce non può dubitare della sua onestà e correttezza”. E se Laura Puppato rivendica “che con Renzi la situazione è cambiata”, chi smorza i toni è anche il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Non posso dire nulla sulla vicenda del Mose, sul mio collega Orsoni, perché non conosco in dettaglio la questione; posso dire solo che certamente i sindaci sono continuamente esposti, per un lavoro quotidiano difficile, in prima linea, che spesso comporta anche pesanti responsabilità. Siamo, immagino, nell’ambito di un iter appena iniziato e spero che la giustizia faccia il suo corso”. Condanna invece dal presidente del Senato Pietro Grasso: “Ho sempre ritenuto che l’etica della responsabilità sia fondamentale per una democrazia ed è indispensabile una gestione dei conti pubblici trasparente, attenta, rigorosa e scrupolosa”. Nessun commento ancora dal presidente del Consiglio Matteo Renzi che però, secondo quanto appreso dall’agenzia Adnkronos, ha fatto colazione stamattina presto con il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, che sta seguendo anche la questione dei lavori dell’Expo. In questi giorni palazzo Chigi sta stringendo sugli altri componenti dell’Autorità anti corruzione e sui poteri dello stesso Cantone, da definire probabilmente con un decreto.

di Annalisa Ausilio 

Pd chiede il cambio dei vertici della Regione. Fassino: “Orsoni persona corretta”
La spaccatura è ancora una volta nel Partito democratico. Dopo l’arresto del sindaco Pd Giorgio Orsoni, non tutti reagiscono allo stesso modo. La neoeurodeputata Alessandra Moretti chiede una “nuova generazione di politici”, mentre il presidente Anci Piero Fassino difende il primo cittadino: “Chiunque conosca Giorgio Orsoni e la sua storia personale e professionale, non può dubitare della sua correttezza e della sua onestà. Siamo sicuri che la magistratura, nel compiere gli accertamenti successivi, giungerà rapidamente a stabilire la verità dei fatti, consentendo così ad Orsoni di ritornare alla sua funzione di sindaco di Venezia”. Parole che si scontrano con la nota della Moretti: “Le opere pubbliche vanno fatte in regime di massima trasparenza e fuori da ogni emergenza: l’inchiesta Mose che segue di poco quella su Expo ci dice che è arrivato il tempo perché una nuova generazione di politici si prenda la responsabilità di scommettere sul futuro: dobbiamo avere il coraggio di caricarci sulle spalle nuove regole che mettano fine per sempre alla corruzione”. Così anche Sandro Gozi: “Queste vicende mi sembrano appartenere a un passato che non passa e incidono molto negativamente sullo sforzo di cambiamento che noi vogliamo realizzare”. Difende il cambio anche la senatrice Laura Puppato: “Dall’inchiesta sul Mose viene fuori la parte peggiore della politica. Questa è la vecchia guardia, noi con Renzi stiamo voltando pagina da tutto questo. Quel che mi stupisce è che tra le figure coinvolte ci sia il sindaco Orsoni, sulla cui moralità non avevo dubbi e sul quale sospendo il giudizio e mi riservo di approfondire. Il fatto che siano coinvolti anche esponenti del Pd è purtroppo una diretta conseguenza delle dinamiche della vecchia politica, strettamente legata agli affari. Noi rappresentiamo il nuovo e diciamo che la politica deve essere indipendente e ben distinta dagli affari, deve recuperare i suoi valori e la sua funzione”.

Intanto il gruppo consiliare Pd ha chiesto un cambio dei vertici regionali: “Siamo di fronte a una pagina nera della politica veneta. I fatti contestati sono gravi e minano profondamente la fiducia dei cittadini, peraltro già compromessa; coinvolgono esponenti politici, dirigenti pubblici regionali e statali, alti gradi delle forze dell’ordine e soggetti del mondo economico”. Parte da queste premesse la nota del gruppo consiliare del Pd che si dichiara “allarmato per l’effetto di delegittimazione che gli esiti dell’inchiesta hanno sulla classe politica e sulle istituzioni venete” e chiede “un radicale cambio di passo” nella gestione delle grandi opere e nei vertici istituzionali della Regione”.

Il Pd chiede le dimissioni di Zaia. Lui: “Non devo espiare nulla”
“Il Mose non l’ho inventato io”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, a proposito dell’inchiesta della Procura di Venezia sull’opera. “Non ho avuto scelte discrezionali quando sono arrivato – ha aggiunto -, non è che potevo dire il Mose non si deve fare. Se si conclude salveremo Venezia dall’acqua alta, se non si conclude avremo sprecato denaro”. Intanto il presidente della Regione ha ritirato immediatamente le deleghe all’assessore Renato Chisso, arrestato stamane dalla Gdf. Ad annunciarlo è stato lo stesso Zaia che ha anche annunciato di aver sospeso i tre dipendenti della Regione coinvolti. “Non è stato un buon risveglio. Non nego che mi sono tornati in mente i tempi in cui molti di noi erano ragazzi, all’ inizio anni ’90. Ne viene fuori uno spaccato inquietante. I tribunali fanno il loro mestiere e son gli unici a giudicare i cittadini. Spero che in tempi brevi ognuno possa chiarire la sua posizione nell’interesse dei veneti e dei singoli”.

M5S: “Larghe intese in manette. Ora sì all’arresto di Galan”
L’attacco dei 5 Stelle arriva da Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, che sul blog di Grillo scrive: “Le larghe intese in manette”. Intanto in una nota i parlamentari chiedono che l’Aula si esprima al più presto per autorizzare l’arresto dell’ex ministro Giancarlo Galan: “Auspicando che il Parlamento si esprima quanto prima per dare l’autorizzazione a procedere all’arresto nei confronti dell’ex ministro Galan chiediamo che il ministro Lupi riferisca in tempi rapidi sull’attuale stato delle commesse degli appalti veneti. Il Mose è solo la punta di un iceberg. Gli arresti di stamane confermano che in Veneto vige un circuito perverso e corrotto nell’assegnazione degli appalti per le grandi opere. Un sistema che, come nel caso dell’Expo, coinvolge il mondo politico di destra e di sinistra riproponendoci, dopo oltre 20 anni, gli orrori di una nuova Tangentopoli”. Una situazione che, dice Di Maio, ai 5 Stelle era già sembrata sospetta: “Il Movimento si occupa del Mose da quando è nato, su quell’opera abbiamo sempre mostrato preoccupazioni in merito ad utilità e meccanismi d’appalti. Come per l’Expo e la Tav. Cos’altro devono fare questi partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?”.

Lega Nord, Salvini: “Metto la mano sul fuoco su estraneità di Zaia”
Le Lega Nord si spinge fino alla protezione di Luca Zaia. “Gli appetiti non si fermano mai”, commenta il segretario del Carroccio Matteo Salvini, “La mia piccola consolazione è che nella vicenda Expo non c’è nessun leghista e in questa del Mose metto la mano sul fuoco sull’estraneità di Zaia, presidente di Regione del Veneto. Non penso comunque sia un’inchiesta a orologeria. Nessuno poi ha pensato che il Nord fosse immune da episodi del genere: questa gente va dove ci sono i soldi, e quindi dove c’è il Mose, le paratie sul lago di Como, la Tav e i quattrini. Bisogna allora essere assolutamente impietosi: se è vero quello che viene rilevato, tutti devono essere mandati via”. Così’ anche Umberto Bossi: “Purtroppo dove ci sono i soldi possono arrivare anche quelle cose lì. Per fortuna la Lega non sembra coinvolta. Io temo che dove ci sono molti soldi è più facile che si arrivi a parlare di tangenti”, aggiunge il Senatur lasciando Montecitorio.

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