“Maestro tu sei in Facebook? Stasera ti chiedo l’amicizia”. E’ la domanda che i bambini mi fanno alla prima lezione. 

Una volta mi chiedevano: “Sei sposato? Hai una fidanzata? Hai figli?”. Ora, i cosiddetti nativi digitali, sono interessati a sapere se il loro maestro fa parte della magica rete globale di amici. Lo sa bene Zuckerberg che ha deciso di aprire ufficialmente Facebook ai bambini.  

Oggi i miei alunni di 9, 10, 11 e 12 anni, per avere un profilo sono costretti a camuffare l’età dal momento che possono iscriversi solo i 13enni. La maggior parte lo fa senza problemi, senza nemmeno rendersi conto di compiere un’ illegalità. Entrano con il loro nome e cognome, scrivono di essere studenti delle scuole superiori e modificano la data di nascita. Il gioco è facile. Nessuno può controllare. 

Ora la società americana che conta un miliardo di amicizie virtuali strette negli ultimi dieci anni è intenzionata ad abbattere questo tabù. Già l’autunno scorso aveva tolto le barriere di protezione ai ragazzi tra i 13 e i 17 anni, consentendo loro di condividere stati e immagini con tutti, non solo con gli amici. Il prossimo passo permetterà ai bambini di avere un profilo, ottenuto il consenso dei genitori. A mamma e papà spetterà supervisionare le impostazioni sulla privacy dei loro figli, monitorare i contenuti cui potranno accedere. 

Si tratta senza dubbio di una manovra di Zuckerberg per riconquistare i più giovani che da Facebook sono migrati verso nuovi social come Ask, ma resta il fatto che finalmente ci si è resi conto che la vita virtuale dei nostri ragazzi non si può celare.

Non possiamo far finta di nulla: chi è nato negli ultimi dieci anni, è cresciuto con la mamma che “chattava”;  il padre che postava fotografie e il maestro che creava eventi su Facebook. Anzi prima che quel bambino avesse la ragione, c’era già qualcuno che lo battezzava nel magico mondo, postando un’immagine del primo giorno di vita o del primo passo. 

Certo, chi educa ha il delicato compito di ricordare che di là dal mondo virtuale c’è una realtà, ci sono relazioni da costruire guardandosi negli occhi, assumendosi responsabilità, coltivando la pazienza.

Allo stesso tempo immaginare di proteggere i ragazzini tenendoli lontani da Facebook è un’ illusione. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una sfida che la scuola in primis dovrà assumersi: se Zuckerberg aprirà ai bambini, chi entra in classe ogni giorno dovrà aprire le porte dell’aula a Facebook, per accompagnare i ragazzi in questo pianeta. 

Non solo: chi insegna dovrà urgentemente avere nella cassetta degli attrezzi, gli strumenti necessari per insegnare a usare il social network con consapevolezza. Da qui la necessità di formare i docenti affinché possano togliere la polvere dalle loro cattedre e imparare ad insegnare a fare di conto, a leggere, a scrivere….a usare correttamente un profilo Facebook. 

So bene che a qualcuno potrà apparire un compito non adeguato alla scuola: i consueti detrattori del mio blog (che ringrazio perché mi aiutano a comprendere meglio il Paese in cui vivo) saranno pronti a dire che i maestri devono occuparsi d’insegnare storia e geografia, geometria e grammatica. Non vorrei deluderli: sono d’accordo!

Ma la scuola delle competenze non è quella dei contenuti, dei vasi da riempire di nozioni ma quella che insegna l’abc della vita. Anche quello virtuale. 

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