Ieri sera è andato in onda Report con un servizio sulle Casse previdenziali c.d. private (dei liberi professionisti per intenderci, quasi tutti c.d. intellettuali, con un patrimonio attuale di circa 60 miliardi grazie ai contributi versati dai loro iscritti e con una proiezione futura di centinaia di miliardi!) con l’intento di evidenziare la finanza creativa intrapresa da alcune di queste (in particolare Enpam) e la non adeguata vigilanza dei Ministeri vigilanti. Certo, chi ha fatto finanza creativa con soldi altrui è giusto che ne risponda.

Ho sempre apprezzato il giornalismo di Milena Gabanelli, teso a non fare sconti a nessuno. Un giornalismo d’inchiesta autentico (come di questo giornale) che non ha padroni ma solo lettori/ascoltatori. Ieri però occorreva raccontare tutto ciò che sta investendo le Casse previdenziali e non solo una parte. Diversamente si offrono sponde ad un “legislatore” che tanto retto non è.

Le Casse previdenziali (notai, medici, avvocati, giornalisti, farmacisti, commercialisti, ragionieri etc.) sarebbero private ed autonome dal 1995 (d.lgs. 509/1994). Uso apposta il condizionale. Devo evidenziare come non godano di alcun finanziamento pubblico (come scritto nel d.lgs. 509/1994), tuttavia sono “vigilate” (e non controllate, si badi bene) perché trattano la materia previdenziale, che si ritiene avere veste pubblicistica, ed hanno pure altri svariati livelli di controllo.

Se nonché, grazie alla poco indipendente (dallo Stato s’intende) giurisprudenza amministrativa, le Casse sono state trasformate surrettiziamente in “pubbliche” (col suggello di Cons. St. 28 novembre 2012, n. 6014), reso possibile grazie alla longa manus dell’Istat (Ente amministrativo calatosi irritualmente nella veste di legislatore!) che ha definito “amministrazioni pubbliche” le Casse autonome, così poi ‘cialtronamente’ asservite alla spending review che ha imposto loro un prelievo forzoso dai contributi (privati) verso lo Stato, di decine di milioni. Un obolo di dubbia legittimità atteso che le Casse pur non godendo di finanziamenti pubblici (come l’Inps) son chiamate a soddisfarli! E’ come se fossero chiamate a partecipare ad una lauta cena, pagandone il conto, senza poter sedersi a tavola.

Per la giurisprudenza ordinaria invece erano e sono Casse private, nella ratio del d.lgs. 509/1994.

Già questa dicotomia schizofrenica spiega quanto lo Stato ci tenga alle Casse private. Si ma solo per fare cassa. Infatti lo Stato in default ricorda sempre di più un disperato tossico in crisi di astinenza, che ossessivamente si guarda in torno per tentare di arrivare a fine giornata. E le Casse private hanno quasi 60 miliardi di patrimonio. Le Casse paiono dunque il “porcellino salvadanaio” dal quale attingere. Indebitamente e spudoratamente ove si pensi che le Casse già contribuiscono a sorreggere le sorti del Paese, avendo investito consistenti investimenti nei Bot e ove si pensi che sono già contribuenti significativi.

Lo Stato non potendo ignorare la portata del d.lgs. 509/1994, ha quindi dapprima cercato di indebolirlo con la giurisprudenza amministrativa (quanto mai “politica”), poi ha iniziato a pretendere la sostenibilità a 50 anni (passando d’un colpo , grazie al genio della Fornero lacrimosa, dai previgenti 30 anni), poi ha inserito un’ulteriore livello di “vigilanza” quale la Covip, infine ha introdotto una serie di infide norme che hanno un solo scopo: indebolire l’autonomia ed il patrimonio delle Casse. In gergo pugilistico diremmo che lo Stato in default tenta di fiaccare le Casse.

Un modo veramente singolare di tutelare la previdenza di circa 2.000.000 di liberi professionisti che costruiscono quasi per il 15% di Pil di questo Paese.

Non si spiegano altrimenti manovre quali: a) il d.m. 10.1.14 che consente alle Casse di far compensare i crediti/debiti dei propri iscritti con lo strumento dell’F24; b) la seconda è fornita dal d.l. 66/2014 che ha elevato l’aliquota di tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26%.

La prima manovra è già stata definita dai commercialisti il “cavallo di Troia” dello Stato per entrare di nascosto nelle Casse private, svuotarne l’autonomia e gestirne le risorse. Ed è proprio così. Lo Stato vorrebbe dunque incassare direttamente tramite l’F24 miliardi di contributi versati ogni anno a fronte di una compensazione di qualche centinaia di milioni di euro. E quando mai riverserebbe i contributi alle Casse ove si pensi che l’Agenzia delle Entrate impiega anni a restituire cifre solo irrisorie?

La seconda manovra è un’ostentazione di aberrante diseguaglianza che meriterebbe un ricorso alla Giustizia extra-italiana. Solo questo incremento (dal 20 al 26%) costerà alle Casse un obolo aggiuntivo di decine di milioni di euro (sottratti dunque alle risorse formate esclusivamente dai contributi privati!). Tutto ciò mentre “fondi di previdenza complementare” hanno una tassazione agevolata di solo l’11%. Tutto ciò mentre la tassazione delle rendite finanziarie degli enti previdenziali europei è pari a zero!

Tali condotte del legislatore furbetto sono inaccettabili e gravi. Ha fatto bene da ultimo a tuonare al riguardo il presidente dell’Adepp ricordando come stante tali condotte le Casse private potrebbero decidere di abbandonare i sontuosi investimenti sui titoli di Stato (ad oggi di circa 10 miliardi) altrove, anche all’estero. Ma non basta più tuonare, occorre reagire concretamente. E soprattutto, cara Milena, raccontarla tutta.

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