“La nostra gente ha ancora buon senso e ha bloccato una possibile minaccia”. E’ un Romano Prodi raggiante quello che raggiunge all’imbrunire il palchetto improvvisato in Piazza Maggiore a Bologna davanti a 200 persone per festeggiare la vittoria del Pd di Matteo Renzi a livello locale e nazionale. La paura è passata, anche se la gioia deriva prima di tutto dallo scampato pericolo di una rimonta 5 Stelle mai avvenuta: “Si stava avvicinando un rischio grosso, ma da stasera possiamo sentirci una soddisfazione nazionale”, spiega dal palco l’ex premier, a fianco del sindaco di Bologna Merola e dei due eletti al parlamento europeo, Elly Schlein e Paolo De Castro, “l’Italia sembrava l’anello più debole di fronte al populismo; ora però non possiamo ignorarne le ragioni ma affrontarle. Ricordiamoci sempre che le vittorie o le sconfitte sono sempre provvisorie”. Un milione  e 212mila i voti raccolti in Emilia Romagna per un 52,2% che, tra civatiani, cuperliani e renziani, mette tutti d’accordo: “Non capitava da un po’ di tempo di fare festa qui in piazza”, aggiunge sornione Prodi alla piccola folla; poi sceso dal palco, ai cronisti che gli chiedono se tornerà a prendere la tessera del Pd (non rinnovata dopo l’imboscata dei 101 di un anno fa ndr) confida: “Sono venuto qui a rendere omaggio ai ragazzi, ma la mia vita politica è finita”.

Il comizio improvvisato, che qualcuno scherzosamente definisce un ‘flashmob’, richiama subito tra i presenti la linea “young” degli assessori comunali di Bologna – Lepore, Colombo, Rizzo Nervo – ma anche un Virginio Merola entusiasta che brinda a bicchieri di vino pignoletto: “Non abbiamo la puzza sotto il naso, siamo felici di aver conquistato i voti dei moderati”, spiega dal palco il sindaco di Bologna, “a Grillo dopo gli insulti che ci ha riversato addosso dico: calmati e non sprecare i milioni di voti che ti sono rimasti. A quelli della lista Tsipras (che a Bologna ha ottenuto un exploit senza eguali in Italia con quasi il 9% ndr) dico che chi li rappresenta deve avere il coraggio delle riforme che il Pd sta dimostrando di fare abbandonando le vecchie posizioni della sinistra conservatrice”.

L’occasione di una vittoria totalizzante in quasi tutti i comuni della provincia di Bologna è ghiotta per rilanciare il difficoltoso avvio della ‘città metropolitana’ di cui Merola è uno dei principali sostenitori. Tanto che il Pd conferma la propria crescita in diverse piazze ‘calde’ di provincia dove si rinnovavano sindaci e consigli comunali: “Abbiamo vinto praticamente dappertutto”, dice tenendo sottobraccio Prodi il segretario provinciale del Pd bolognese Raffaele Donini, “i nostri sono numeri da capogiro, il Pd unito vince ovunque. Strappiamo anche il ballottaggio nel paese di Molinella governato dal centrodestra”. Sono solo due i Comuni del circondario bolognese finiti al centrodestra: Dozza, dove Claudia Ceroni ha ceduto la poltrona di primo cittadino alla lista civica di Luca Albertazzi e a Sant’Agata Bolognese, dove la favolosa giunta tutta al femminile rappresentata dalla vicesindaco Giorgia Verasani è stata fermata da Forza Italia.

“Ce la siamo vista brutta”, spiega l’anziano militante che distribuisce bandiere del Pd in Piazza Maggiore mentre è alle prese con l’assegnazione dell’ultimo stendardo dei venti portati, “poi però abbiamo vinto di brutto. Io pensavo un 30% al massimo, il 40% neanche per sogno”. “Ma si può vincere le elezioni facendo battute su Hitler o sparandola grossa come quella della ‘lupara bianca’?”, gli fa eco anagraficamente Antonio, uno studente bolognese di 20 anni, che sta a pochi centimetri dal palco dei democratici. “Dopo il risultato della Le Pen un po’ di ansia l’avevo”, aggiunge Silvia, 24 anni, studentessa, “però alla fine gli italiani hanno premiato l’intelligenza e il cambiamento”.

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