Riflessioni a tre giorni dal voto. Aspettative e obiettivi delle forze politiche.

1) Pd. Renzi ripete negli ultimi giorni che sarebbe una vittoria anche solo prendere un voto in più dei 5 Stelle. Ha addirittura affermato che si riterrebbe vincitore anche solo guadagnando un voto in più di Bersani 2013. Ovviamente mente, più esattamente mette le mani avanti. Il cambio di rotta renziano rispetto a due settimane fa è palese. Meno boria, più tatticismo. A gennaio si dava per scontato un suo 34% e l’Italicum era stato cucito su misura per le sue aspettative (premio di maggioranza con il 37% o giù di lì). O i sondaggi che ha davanti sono poco invitanti o abbassa le aspettative per urlare più forte il 25 sera. Prendere come punto di riferimento Bersani (25%) è ridicolo: nel 2013 il Pd sbagliò tutto e se Renzi prende meno del 30% sa benissimo che ha perso. Come sa che ha perso se non distanzia M5S di almeno 6 punti (comunque la metà dei 12 che i piddini reputavano scontati fino a un mese fa). E’ il minimo sindacale che il Pd risultati il primo partito domenica prossima: a inizio anno si parlava persino di un possibile 40 per cento, ricordate? Obiettivo di Renzi è ammazzare politicamente i 5 Stelle: se i “grillini” cresceranno sopra il 25%, e dunque mostreranno una progressione rispetto al febbraio 2013, Renzi avrà dimostrato di non essere un deterrente credibile per la cosiddetta antipolitica. Sta attingendo molto bene dai delusi berlusconiani, ma sui grillini attecchisce poco o così pare. Personalmente credo che Renzi abbia più paura di quanta dovrebbe. Immagino un Pd sopra il 30% con M5S dietro (non di tantissimo, ma neanche di pochissimo). Se Renzi non supererà il 30% saremo di fronte a un flop fragoroso. Se Renzi pareggerà o addirittura perderà con M5S, saremo di fronte a uno dei risultati elettorali più clamorosi nella storia d’Italia.

2) M5S. Ho buona memoria e ricordo che per tutti, o quasi tutti, i 5 Stelle erano solo un fenomeno passeggero e mai nella vita avrebbero ripreso il 25%. A giugno li si dava ampiamente sotto il 20%. Pur essendo certo che non fosse minimamente passeggero, ho pensato a volte anch’io che il 25% fosse per loro irripetibile. Tenendo conto della natura conservatrice degli italiani, un 5 Stelle costantemente sopra il 20% è per me un dato a suo modo incredibile. Gli stessi tromboni che li davano morti, ancor più dopo le amministrative francamente pietose, oggi minimizzano il possibile exploit M5S: “Sono solo Europee”, “Non avranno ripercussioni sulla politica italiana”, “E’ solo voto di protesta”, “Vincerà l’astensione”. Le solite cazzate. Casaleggio dice che sopra il 25% “non sarebbe una sconfitta”, ma al tempo stesso “crede al sorpasso”. Di Battista dice che lui brinda “dal 27% in su” e che “vede possibile il 30%”. Io non credo al loro sorpasso. Il mantra del “vinciamonoi” immagino abbia per Grillo il senso di superare se stessi, cioè la soglia di febbraio 2013. Renzi e Napolitano andranno serenamente avanti con qualsiasi risultato delle Europee, fingendo di non sentire l’eventuale boom e (dunque) permettendo ai 5 Stelle di crescere ancora: più li sottovalutano e più loro si allargano E’ così sin dal primo V-Day, quando M5S neanche era nato. La miopia degli espertoni nei confronti dei 5 Stelle continua imperterrita. Le piazze paiono più piene del 2013 e ora non c’è solo Grillo. Il grande problema del Pd è che, quando si trovano davanti i Morra e i Di Maio, ne escono puntualmente triturati: capita, quando i pezzi forti si chiamano Karina Huff Boschi, Coerenza Moretti e Santanché Picierno. Se la classe politica grillina era impreparata, quella renziana è ancora all’asilo nido. La loro pochezza è infinita: un gruppo arrogante e fragilissimo di ancelle e vestali. M5S vince se supera il 25% di febbraio 2013 e stravince se si avvicina al 30% (se lo supera per loro è apoteosi) e tiene la forbice con il Pd sotto i 5 punti. A margine: si dà per scontato che M5S sia la seconda forza politica (stabile) del paese. Come se fosse normale. Non è normale per niente: è uno sconvolgimento clamoroso. 

3) Forza Italia. Nessuno si è accorto che c’è anche Berlusconi. Quando va in tivù sembra il nonno mezzo rincitrullito che ti racconta che lui ha sconfitto da solo l’Armata Rossa. Pare scontato che Forza Italia starà sotto il 20%. Se accadrà, sarà torcida. Il peggior centrodestra d’Europa va definitivamente debellato, sperando che dalle sue ceneri pietose e ridicole nasca un centrodestra accettabile (una Meloni? un Crosetto? Chi volete voi, ma che sia anche solo minimamente credibile).

4) Lega Nord. Di Salvini non condivido nulla, la sua pappagorgia andrebbe vietata ai minori e le sue puttanate sui poliziotti che applaudono e sugli immigrati “che portano l’Ebola” mi fanno vomitare, ma ha fatto una campagna elettorale molto efficace e furba. Supererà la soglia del 4% e sarà verosimilmente la quarta forza politica. Ovviamente non conterà una mazza e – alle Politiche – tornerà scodinzolante da Berlusconi per entrare in Parlamento. Salvini, domenica sera, sarà però uno dei pochi a poter ridere nel centrodestra italiano.

5) Ncd. Per raggiungere il 4% si sono dovuti alleare con le frattaglie di Udc, Ppe e immagino pure con la Confraternita della Lenticchia Tibetana. Supereranno la soglia grazie al voto degli over 64 (in quella fascia Ncd è sopra il 10%: invecchiare può essere brutto). Quando Tiziana Panella gli ha chiesto se l’arresto di Romano ponesse problemi, Carisma Alfano ha risposto: “E perché mai dovrebbe crearmi problemi?”. Ha ragione: nel Nuovo Centrodestra, se non sono indagati o arrestati, non li vogliono. Hanno più avvisi di garanzia e capi di imputazione che elettori. Non ho ricordanza di una simile accozzaglia di impresentabili: Gentile, Scopelliti, Formigoni, Romano, Formigoni, Lupi, Giovanardi. Peccato solo per l’assenza del Canaro, che non avrebbe sfigurato. Il livello è così basso che, in confronto, la Lorenzin va rivalutata. Se fossi di destra, e certo non lo sono, piuttosto voterei Brunetta: almeno è intelligente. Pur di non tornare a votare, Ncd accetterebbe al governo persino Gundam. E’ un partito che non esiste ed è avvilente che questa ghenga smandruppata sia l’ago della bilancia dell’attuale esecutivo. Alfano agli Interni è come Leone di Lernia Docente di Estetica. Ncd è l’alluce valgo di Berlusconi. 

6) Fratelli d’Italia. Hanno La Russa, sono nazionalisti e allegramente fascisti. Quanto di più lontano da me. Hanno pure consensi da prefisso telefonico. Però la Meloni è di gran lunga la migliore politica italiana di destra. Non credo con questo di fare un complimento alla destra italiana, ma così è. Anche se non vi pare.

7) Scelta Europea, cioè Scelta Civica (e affini), cioè quasi niente. Ho sentito Andrea Romano, sempre in prima fila quando c’è da sbagliare tronfiamente un’analisi, dire giorni fa a Omnibus: “Grillo è andato da Vespa perché è in crisi di consensi”. Detto da un deputato di Scelta Civica, è un po’ come sentir dire dall’allenatore del Bologna che Garcia è nervoso perché la Roma ha pochi punti: aiutateli. Monti e derivati sono stati un grigissimo coito interrotto della politica italiana. Nel 2012 i soliti tromboni ritenevano Monti il salvatore del patria e noi del Fatto eravamo “i soliti disfattisti”: senza offesa, poco cari pigibattista e menichinucci vari, ma proprio non ne beccate una che sia una. Datevi all’ippica (anche se mi spiacerebbe per i cavalli).

8) Tsipras. Era lecito sperarci. Sono stato uno dei primi firmatari, non perché ero certo di votarli ma perché una forza realmente di sinistra servirebbe a prescindere. Solo che, poi, dopo le prime firme, sul carrozzone sono salite le solite sciagure. E la Lista Tsipras, sia chiaro piena (anche) di bella gente, è diventata ahinoi una sorta di Ingroia 2.0, con i “giustizialisti” tipo Flores e Camilleri epurati dalla fronda vendoliana (a proposito: Vendola, quando ti ritiri? Sempre tardi, temo). Auguro eccome alla Lista Tsipras di superare il 4%, ma dubito fortemente che capiterà. Se non ci riuscisse, fatemi e fateci un favore: basta con ‘ste liste raffazzonate. O i Landini e i Civati si decidono a provarci sul serio, o – coi Mussi e coi Bertinotti – non ci si fa neanche l’aceto.

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