Cancella i primi 178 chilometri: conta solo il centosettantanovesimo. L’ultimo. Mille metri al fulmicotone: con la strada che s’impicca al cielo. Con un dente al 13 per cento, quasi sotto lo striscione del traguardo. Cancella il Carpegna, salita degli allenamenti pantaniani: dove si doveva incendiare la corsa. Non è successo nulla. O meglio: la maglia rosa Michael Matthews è crollata, barcollando e avanzando peggio d’un cicloamatore. Michele Scarponi, una delle vittime di Montecassino, ha beccato altro ritardo. Difficile il Giro per lui.

Cancella la fuga disperata di una decina di corridori che speravano nel colpaccio. Lepri aggrappate disperatamente al manubrio in attesa d’essere braccate. Colpi di pedale come fucilate. Cancella lo scatto del giovane colombiano Julian Arredondo, che ha abbandonato i compagni di fuga per conquistare utili punti in cima al Carpegna ma poi, dopo un’avventurosa discesa, si è fatto raggiungere dal bravo francese Pierre Rolland a due chilometri e quattrocento metri. Il tempo di rifiatare e Rolland riparte in contropiede.

Cancella pure questa fotografia: Rolland uomo solo al comando. La strada s’impenna, dietro un corridore in maglia rossa schizza fuori dal gruppetto degli inseguitori, tra i quali spicca il grande vecchio Cadel Evans. Si chiama Daniel Moreno. Affianca Rolland quando mancano appena 450 metri all’arrivo.

Cancella ancora una volta il fotogramma di un momento della corsa che appare decisivo. Moreno lascia l’asfittico Rolland. Ma dietro la muta degli inseguitori è ormai ai suoi pedali. Cancella Moreno che viene raggiunto dal croato Robert Kieserlovski, compagno di squadra del povero Arredondo.

Cancella il vendicativo Kieserlovski che a duecento metri dalla fine si illude di aver vinto. Lo agguanta un’ombra. Un guizzo, un lampo. E uno stampo. Diego Ulissi (nella foto) ripete Viggiano, fa bis. È lui che fa saltare il banco. Spettacolo. Suspense. Sotto cieli fiamminghi. Tra monti che sembrano pitture romantiche, aspre e impossibili. Nomi antichi. Fiumi che hanno scavato valli sinuose. Paesi meravigliosi. L’Italia del Giro d’Italia è struggente, per bellezza e per chi ci vive. Peccato andar via.

Il toscano Diego Ulissi ha lo scatto cattivo di un Paolo Bettini e la cattiveria agonistica di un Franco Bitossi. Per ora tiene in piedi la baracca del ciclismo tricolore. La maglia rosa, quella, è un altro discorso. La impugna per ora saldamente il trentasettenne australiano Cadel Evans, che ha monetizzato un vantaggio prezioso dopo la Grande Caduta di Montecassino. Quintana è rimasto sornione a guardare: ma intanto si è piazzato quarto. Il Giro è lungo, ed è stato disegnato in maniera tale che tutto si gioca nell’ultima settimana. Dipende come ci si arriva. Sinora, si sono spremuti gli altri: al colombiano è bastato non perdere le ruote dei migliori. E comunque, se vogliamo consolarci – un australiano primo, un colombiano secondo, un polacco terzo (Rafael Majka), lo svizzero Steve Morabito quarto – abbiamo il talentuoso Fabio Aru quinto e Ulissi sesto in una classifica generale assai fluida e destinata a mutare ogni giorno, a cominciare da domani che si sale a Sestola, di tombiana memoria. Forse non sarà un Giro d’Italia di grosso spessore tecnico, senza i grandi campioni che invece affolleranno il Tour. Però sarà sicuramente un Giro divertente, imprevedibile, combattuto. Domani si corre la Nove Colli di Cesenatico, una gran fondo amatoriale, la gara numero uno dell’altro ciclismo, in cui dovrebbe essere importante soprattutto partecipare. Speriamo che sia un ciclismo non avvelenato. 

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