Quando il numero uno di Ubi, Victor Massiah, definiva una “non-story” l’inchiesta che mercoledì ha travolto il gruppo nato dalla fusione tra Banche popolari unite e Banca Lombarda, non parlava a caso. Perché la vicenda che a suo dire “purtroppo è stata ritirata fuori”, non ha scalfito molto l’organigramma delle divisioni coinvolte. Anzi. Quindici su 26 dei manager di Ubi Leasing e Ubi Factor sanzionati pochi mesi fa dalla Banca d’Italia rispettivamente per 360mila e 236.500 euro per carenze organizzativenei controlli interni (anche sull’antiriciclaggio) e nella gestione del credito, nonché per non aver segnalato all’organo di vigilanza “posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdita”, sono rimasti in gran parte indisturbati sulla loro poltrona. 

La situazione salta all’occhio nei giorni in cui l’istituto bergamasco è nel pieno della bufera per l’inchiesta che coinvolge i suoi vertici – ha toccato perfino il presidente di Intesa SanPaolo Giovanni Bazoli, accusato però di aver manipolato le nomine dei consiglieri di amministrazione – e gli ex manager di Ubi Leasing Gianpiero Bertoli (anche ex dg di Ubi Factor), Alessandro Maggi e Guido Cominotti, indagati – con il presidente di Italcementi Giampiero Pesenti – per truffa e riciclaggio nel quadro di una serie di compravendite anomale di beni e di presunti abusi nell’utilizzo delle carte di credito aziendali. Anche perché proprio al contenuto delle relazioni di Bankitalia, tra l’altro, fa riferimento il decreto emesso dal pm di Bergamo Fabio Pesoli che ha fatto scattare le perquisizioni compiute mercoledì 14 maggio dalla Guardia di Finanza

A poco, poi, vale la difesa messa in campo dalla società all’epoca (il provvedimento è dell’ottobre 2013) della notifica delle criticità su Ubi Leasing da parte di via Nazionale, cioè che “il periodo oggetto dei rilievi è relativo agli anni 2008/2010, mentre gli amministratori nominati nell’aprile 2012 non sono minimamente coinvolti nella vicenda”. Perché, in realtà, il ricambio ai vertici della società di leasing e di quella di factoring, tra le quali ci sono diverse sovrapposizioni, è stato minimo. Se Bruno Degrandi e Maurizio Lazzaroni, rispettivamente presidente e ad di Ubi Leasing dalla sua nascita nel luglio 2008 fino al 2012 (il secondo fu sostituito al timone nel novembre 2010, ma rimase in cda), oggi non hanno più cariche nel gruppo, come lo stesso Bertoli, diversi altri amministratori ritenuti responsabili di irregolarità sono rimasti dov’erano all’epoca dei fatti se non erano già passati a migliori incarichi. 

In particolare Gaudenzio Cattaneo, multato per 24mila euro per le responsabilità legate al ruolo in Ubi Leasing e per 16.500 come consigliere di Ubi Factor, è ancora vicepresidente della società di leasing controllata da Ubi Banca. Altro caso, quello di Giovanni Lupinacci, nel cda di Ubi Leasing dal 2009, di cui oggi è presidente, oltre ad avere uno strapuntino in quello di Ubi Factor. E fino al 30 giugno 2013 è stato anche vice direttore generale di Ubi Banca. Anche a lui Bankitalia ha ritenuto opportuno irrogare, lo scorso ottobre, una sanzione di 24mila euro per le carenze organizzative della società di leasing e, a gennaio, un’altra da 16.500 per mancata segnalazione alla vigilanza di “posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdita” in Ubi Factor.

Osvaldo Ranica, consigliere di Ubi Leasing dal 2009 fino al rinnovo del 2013 che ha ridotto i membri da dieci a cinque, nell’aprile 2013 ha invece assunto il ruolo di direttore generale della Popolare di Bergamo, di cui era condirettore dal 2008, e per lui nulla è cambiato dopo il “cartellino giallo” di via Nazionale (24mila euro di multa). Giorgio Berta, che in Ubi Leasing ha svolto il delicato compito di sindaco fino al 2013 e con i colleghi Antonio Minervini e Mauro Della Frera è stato sanzionato per 24mila euro per le carenze nei controlli, è stato invece ritenuto adatto a svolgere lo stesso incarico in Ubi Sistemi e servizi – dove siede come consigliera la figlia di Bazoli, Francesca – e nella Popolare di Bergamo (qui come supplente).

Quanto ad Antonio Bertoni, che nel 2009 – al centro del periodo dei fatti contestati dalla Banca d’Italia – era consigliere della società di leasing, per lui il gruppo non ha trovato una ricollocazione. Fortunatamente gli resta la presidenza della cooperativa Centro studi la famiglia, che stando alle indagini della procura di Bergamo ha ricevuto da Ubi Leasing finanziamenti “anomali” per 16mila euro per la costruzione di un complesso immobiliare su terreni di proprietà della Interim srl, riconducibile alla famiglia di Franco Polotti, oggi presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca e all’epoca dei fatti al vertice del Banco di Brescia.

Nel caso di Ubi Factor, a dispetto dei rilievi di Bankitalia sulle loro responsabilità, Federico Ghiano ne è tuttora vicepresidente (carica che occupa dal 2010), mentre Simona Pezzolo de Rossi e Piero Fenaroli Valotti sono rimasti in cda e Gian Cesare Toffetti rimane incardinato alla poltrona di consigliere dal lontano 2008. Inamovibili anche Marco Confalonieri, che anzi da semplice sindaco è stato promosso a presidente del collegio, e i colleghi Giorgio Ferrino e Paolo Golia, quest’ultimo nel frattempo diventato anche presidente del collegio sindacale del Banco di Brescia.

Per Carlo Porcari le sliding doors del gruppo si sono invece spalancate verso i cda della Banca popolare commercio e industria e di Banca Carime. Insomma: in Ubi leasing, che ha chiuso il 2013 in perdita per 67 milioni (e accantonandone 6,3 al fondo rischi e oneri per il contenzioso fiscale in corso con l’Agenzia delle Entrate), e Ubi Factor, in utile per 7,3 milioni, squadra che vince non si cambia.

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