In una megalopoli che sembra sul punto di implodere da un momento all’altro, satura del lezzo dei canali di scolo, dell’inquinamento acustico e dell’immoralità endemica della classe dirigente si svolge la storia raccontata in Cortina di pioggia, di Tew Bunnag, poliedrico e cosmopolita scrittore thailandese, edito da Metropoli d’Asia e tradotto in italiano da Monica Martignoni.

Mi ero già occupato in un precedente articolo di un romanzo di Bunnang, Il viaggio del Naga, come per quel testo anche in Cortina di pioggia il lettore si trova davanti un testo apparentemente semplice capace di svelare scenari terribili e di denunciare l’abuso di potere.

Salì su una piccola piattaforma che sporgeva dalla passerella coperta di teak, sganciò un paio di pinze di metallo e, da un sacchetto di plastica che aveva con sé, estrasse un grosso pezzo di carne di struzzo cruda e la gettò in acqua. Sentì il tonfo e dopo qualche secondo udì i colpi violenti dei rettili che lottavano tra loro per il cibo. Lanciò un altro pezzo di carne in direzione del rumore, poi un altro, e i colpi divennero più violenti. Sia Oui faceva spesso notare ai suoi ospiti che i coccodrilli gli ricordavano i politici di Bangkok. Ma contrariamente a lui, pochi avevano il coraggio di affrontare il lato reale, oscuro e sgradevole della politica thailandese.

Tarrin Wandee è uno scrittore thailandese che si trasferisce in una zona popolare di Bangkok per riprendersi da una delusione d’amore e dedicarsi senza distrazioni alla scrittura. Le vicende dei suoi vicini di casa, Mae Lien e il figlio Nai Pot, della loro cugina Mae Jom e di altri personaggi legati alla famiglia entreranno a far parte del romanzo che sta scrivendo. Clare invece è inglese, lavora per una casa editrice di Londra e inizia a mostrare i primi segni della malattia di Alzheimer. Siamo nel 2004, e sulla scia dell’emozione suscitata dallo tsunami l’editore le chiede di contattare Tarrin Wandee, che aveva scritto un racconto per loro qualche anno prima. L’autore invia il suo nuovo romanzo, Clare si riconosce in un personaggio descritto in una scena e decide di recarsi a Bangkok per incontrare lo scrittore e domandargli di persona chiarimenti su quella strana coincidenza; il viaggio farà riemergere i ricordi di un’esperienza precedente vissuta in quella città, all’epoca della guerra del Vietnam, e le permetterà di fare pace con il suo passato. Sullo sfondo di una Bangkok invasa dalle acque, si intrecciano i destini di uomini e donne di nazionalità ed estrazione sociale diverse, le storie dei singoli e la Storia, la letteratura e la vita, la politica e l’amore, la morte e la speranza.

Bangkok sotto una foschia bianca: in tutte le direzioni, un profilo frastagliato di picchi irregolari di vetro che trafiggevano la volta sbiadita del cielo; edifici incompleti che esponevano cemento nudo, armature arrugginite, gru appollaiate in cima come corvi pigri in attesa della prossima pioggia sospetta di denaro.

Un romanzo “acquatico”, affascinante nella sua denuncia e nell’esplorazione dei diversi strati della società thailandese. Un esaustivo affresco di Bangkok, capace di ammaliare e di sedurre con le sue mille contraddizioni. Paradiso, inferno, futuro, colori psichedelici, pozzanghere melmose, effluvi seducenti, lezzo nauseabondo.

Il caldo non assomigliava a nulla che avesse mai provato prima: un serpente appiccicoso che le accarezzava la pelle e le strizzava l’acqua da ogni poro del corpo. Nelle sue orecchie suonava il chiacchiericcio dei thailandesi, simile al canto degli uccelli. Ovunque il lieve odore di fiori e colori abbaglianti cui cercò di dare un nome, ma poi si arrese e lasciò semplicemente che i suoi occhi si godessero lo spettacolo.

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