L’applauso di ieri dei poliziotti del Sap ai loro colleghi assassini è talmente disgustoso che muove solo a insulti e parolacce. Quel ragazzo di diciotto anni che poteva essere uno di noi, il figlio di uno di noi, il fratello di uno di noi, l’amico di uno di noi e che tutti abbiamo visto massacrato a morte nel proprio sangue inondante il marciapiede. A interloquire con quell’applauso attraverso ragionamenti sensati pare di legittimarlo, di farlo diventare una presa di posizione precisa cui vale la pena di rispondere. E tuttavia terrò per me le parolacce (ma tante me ne sorgono) e cercherò una spiegazione di quanto ieri è accaduto e di quanto ancora non è accaduto.

Ieri non c’è stato solamente l’applauso. C’è stata anche, e di questo lo ringrazio assieme a tutta l’Italia democratica, la telefonata del premier Renzi a Patrizia Moretti, mamma di Federico. C’è stato il ministro Alfano che ha cancellato tutti gli appuntamenti con il Sap. E c’è stata la solidarietà espressa alla famiglia Aldrovandi dal capo della polizia Pansa, che ha preso pubbliche e indignate distanze dal gesto dei propri uomini.

Allora credo che si debba prendere atto di due cose: da un lato, che per quanto riguarda i violenti e gli applaudenti nelle forze dell’ordine non si tratta di singole mele marce. Mesi fa il sindacato Coisp che manifesta sotto l’ufficio di Patrizia Moretti, ieri il sindacato più rappresentativo che applaude. Sindacati, non singole mele ammuffite. Dall’altro lato, che le cose stanno cambiando per quanto riguarda la pubblica reazione a questi comportamenti e a questa cultura.

Chi sta producendo un tale cambiamento? Cinque sono gli attori coinvolti negli episodi di tortura e di violenze da parte delle forze dell’ordine.

Uno, i torturatori. E da loro non possiamo aspettarci niente.
Due, le vittime. E loro stanno contribuendo grandiosamente al cambiamento culturale e politico. Le battaglie dei Cucchi, degli Aldrovandi, degli Uva sono state essenziali in questi anni.
Tre, la società civile
. Credo che la cronaca nera tendenzialmente non ci riguardi, neanche passerei al telegiornale servizi su rapine finite male o assassini vari. Due casi fanno eccezione: le violenze e gli omicidi che sono indice di un problema social-culturale (la violenza contro le donne, ad esempio) e quelle perpetrate da funzionari dello Stato. Loro agiscono in nome di tutti e tutti devono sapere come agiscono. La società civile è dunque parte in causa negli episodi di tortura. E la società civile in questi anni ha portato avanti un lavoro importantissimo di battaglie, informazione, sensibilizzazione.
Quattro, le istituzioni. E finalmente stanno facendo la loro parte. La Cancellieri ricevette immediatamente Patrizia Moretti all’indomani della manifestazione del Coisp. Ieri abbiamo visto cosa è accaduto. E un disegno di legge per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano è passato di recente al Senato, anche se in una versione non proprio coincidente con i dettami Onu, e ci auguriamo che comunque venga al più presto votato dalla Camera.
Cinque, la magistratura. È a lei che spetta la parola in tribunale, è lei che ha il potere di invertire la rotta o piuttosto di perpetrare quel diffuso senso di impunità che purtroppo vige ancora nelle forze dell’ordine. Credo che quest’ultimo attore abbia ancora strada da fare.

Federico, ammazzato a calci su un marciapiede, è morto per un omicidio colposo, ha detto la sentenza. Poco più di tre anni di pena. Credo che ciò non sia estraneo all’applauso di ieri.

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