La sua lente è piccola come un seme di papavero, ma consente d’ingrandire un oggetto fino a duemila volte. Il resto della struttura è interamente di carta e si ripiega su se stesso come un origami. Tutto quel che occorre per usarlo è una cifra irrisoria di meno di un euro e una comune goccia di sangue. È il “Foldscope”, microscopio fai da te per la diagnosi veloce delle malattie infettive endemiche nei Paesi più poveri, come la malaria. Il suo ideatore Manu Prakash, bioingegnere della Stanford University californiana, a poche settimane dal 25 aprile, giornata scelta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per sensibilizzare contro la malattia in base allo slogan “Investire nel futuro, sconfiggere la malaria”, ha deciso di coinvolgere 10mila comuni cittadini con “Le idee più ispirate” per un esperimento su larga scala, attraverso il quale testare le numerose potenzialità della sua invenzione. “Il Foldscope (foto Stanford University) è efficace come un tradizionale microscopio, ma è molto meno pesante, ingombrante, costoso e, inoltre, non richiede tecnici specializzati. Tutti fattori – spiega Prakash – che limitano l’uso dei comuni microscopi nei Paesi in via di sviluppo, dove molte persone non ne hanno mai visto uno. Il mio sogno – sottolinea lo scienziato di origine indiana – è che un giorno ogni ragazzo in qualsiasi parte del mondo ne porti uno in tasca”.

Debellare la malaria è uno degli otto cosiddetti “Obiettivi del millennio”. Secondo l’ultimo rapporto dell’Oms, pubblicato a dicembre, i casi nel mondo sono ogni anno all’incirca 200 milioni e metà della popolazione globale è considerata a rischio. Sebbene a partire dal 2000 siano state salvate 3,3 milioni di vite e il tasso di mortalità si sia quasi dimezzato riducendosi del 42%, con punte del 49% nelle regioni africane, questa malattia, che l’Oms considera curabile, uccide ancora ogni anno 627mila persone, per il 90% concentrate in Africa, soprattutto Nigeria e Repubblica democratica del Congo, dove di malaria muore ogni minuto un bimbo sotto i cinque anni. “La strada verso la sconfitta di questa antica patologia è ancora lunga – affermano gli esperti dell’Oms – ed è improbabile che si riesca a centrare l’obiettivo di ridurre quasi a zero le morti per malaria entro la fine del 2015”.

Uno dei principali ostacoli denunciati dall’agenzia è rappresentato dalla resistenza ai farmaci come l’artemisinina, un principio attivo estratto dalla pianta “Artemisia annua” che riduce il numero di parassiti nel sangue dei malati, in alternativa al quale, secondo l’Oms, “Al momento non è disponibile un farmaco con eguale livello di efficacia e tolleranza”. Le regioni maggiormente esposte sono quelle del fiume Grande Mekong, nel Sud-Est asiatico, come Cambogia, Myanmar, Tailandia, Laos e Vietnam. “Per evitare disastrose conseguenze per la salute pubblica locale e la possibile diffusione in altri Paesi come l’India o l’Africa subsahariana”, il Global malaria programme dell’Oms, in collaborazione con la Bill & Melinda Gates Foundation, ha messo a punto un piano regionale d’interventi per il biennio 2013-2015, dal costo stimato in 300-350 milioni di dollari, i cui primi risultati saranno disponibili alla fine del 2014

Il monitoraggio della resistenza è stato finora ostacolato dall’assenza di un marcatore biologico. Ma nei mesi scorsi, secondo quanto pubblicato su Nature, i ricercatori dell’Oms, in collaborazione con prestigiosi centri internazionali tra cui l’Institut Pasteur di Parigi e i National Institutes of Health americani, sono riusciti a individuare un marker molecolare. Rappresentato da alcune mutazioni nel Dna di un ceppo resistente di plasmodio, l’agente responsabile della malaria, isolato in Cambogia, potrà consentire secondo gli scienziati di “Mappare in modo preciso la distribuzione geografica della resistenza all’artemisinina e di studiarne in dettaglio lo sviluppo”.

L’abstract dello studio su Nature

Lo studio sul Foldscope dal sito Arxiv.org

La presentazione del microscopio

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