Il 25 aprile e il 1 maggio a Milano si sciopera. Il sindacato del commercio della Cgil, Cisl e Uil ha infatti proclamato due giorni di astensione contro “la deregolamentazione totale e senza regole degli orari commerciali” voluto dal decreto Salva Italia del governo Monti, che ha permesso l’apertura di negozi e centri commerciali durante queste due festività. “I lavoratori non potranno celebrare in maniera adeguata queste due ricorrenze”, si legge nel volantino della Filcams Cgil.

Questa decisione apre un dibattito molto attuale. Chi rappresenta oggi il sindacato? Come la crisi ha cambiato (e in parte sta ancora cambiando) il mondo del lavoro? Anche i sindacalisti, così come i politici, dovrebbero essere rottamati?

Alcune considerazioni. Ci sono alcune categorie professionali che – per vocazione – sono impegnate tutti i giorni dell’anno: i medici, gli infermieri, i farmacisti, i giornalisti, gli agenti di sicurezza, le casalinghe etc. In tutti questi comparti si fanno i turni e il giorno festivo lavorato viene retribuito con una maggiorazione. Perché questa elementare regola non può valere per altre categorie, come quelle del terziario?

Il 25 aprile il turista che visita Milano probabilmente scoprirà una piazza Duomo inedita, con il passaggio del corteo che ricorda la lotta di liberazione dall’occupazione nazi-fascista. Una volta ascoltato il comizio, una volta osservate le bandiere e letto i manifesti degli organizzatori, perché a un turista deve essere negato lo shopping nella vicina corso Vittorio Emanuele? Dal volantino diffuso dai sindacati sembra emergere un antico pregiudizio nei confronti del consumo, figlio della cultura accademica della cosiddetta scuola di Francoforte. I filosofi Horckheimer e Adorno, infatti, giudicavano i consumatori dei “fantocci eteroguidati secondo le logiche e il disegno delle aziende di marketing”, ignorando però la libera e complessa scelta dell’atto d’acquisto. Nel volantino di Cgil, Cisl e Uil si legge infatti: “le città devono essere più vivibili all’insegna della cultura e non solo del consumo” mettendo in contrapposizione queste due nozioni e dimenticando che cultura e consumo possono coesistere. Statisticamente, infatti, proprio durante le festività i cittadini trovano il tempo libero per fare esperienze di consumo culturale: a Pasquetta per esempio ben 26mila milanesi hanno visitato i musei cittadini.

Più che una battaglia sul principio, quella del sindacato sembra rappresentare una battaglia di retroguardia. L’agitazione contro il provvedimento Monti, altrimenti, sarebbe stata convocata in un qualsiasi altro giorno dell’anno. La verità che sembra emergere – anche dalla scelta di non comunicare la percentuale di adesione – è quella di uno sciopero organizzato ad hoc per consentire alla ‘commessa’ di festeggiare il 25 aprile o peggio ancora di partecipare al corteo organizzato proprio dagli stessi sindacati. La crisi ha però cambiato il lavoro e la società, ecco perché prevedibilmente questo sciopero sarà un flop. Ma un sindacato che fa flop rende i lavoratori ancora più deboli e senza punti di riferimento nelle loro battaglie quotidiane.

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