È uscita l’ordinanza di affidamento in prova ai servizi sociali di Berlusconi. Ne propongo una lettura da “comune cittadino”, cercando di capire quello che si stanno chiedendo in molti: perché la pena sia così esigua, se Berlusconi stia ricevendo un trattamento speciale.

I giudici del tribunale di sorveglianza dovevano solo decidere sull’affidamento, vincolati da una sentenza che ha condannato Berlusconi a quattro anni di reclusione, ridotti ad uno grazie all’indulto. La motivazione osserva che le misure alternative hanno natura di vere e proprie sanzioni penali, ma servono a rieducare il condannato con un opportuno inserimento nella società, per recuperare lentamente quei valori di accettazione delle regole del diritto e del vivere civile che aveva perso nell’esecuzione  prolungata del reato. 

I giudici scrivono che la normativa richiede che il soggetto possieda:

almeno in nuce le condizioni […] perché possa essere promosso un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali … che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale (v. art. 1 DPR 230/2000). Appare dunque fondamentale la condotta tenuta in libertà dal Berlusconi dopo la condanna oggi in esecuzione

I giudici devono spiegare nelle motivazioni l’esistenza di tali condizioni. Quale ragionamento logico hanno effettuato per arrivare alla conclusione che conosciamo?

A mio parere, la motivazione presentata è un esercizio di retorica intrisa di diniego, omissioni e difetti di coerenza che appaiono stupefacenti a chi non sia ancora assuefatto alla permanente condizione di eccezionalità che circonda la storia del soggetto. 

Mi spiego. I giudici precisano che occorre concentrarsi sugli atti del condannato piuttosto che sulle sue parole, perché (i) se bastassero le parole, uno può dirsi pentito, ma comportarsi altrimenti; (ii) rimane il diritto del condannato di ritenersi vittima di errori giudiziari. Ma al giudice interessa solo l’esistenza dei presupposti per la concessione delle misure alternative.  

Ma quali sono i fatti? Pochi, e su quei pochi si può esercitare una discrezionalità di giudizio tanto ampia quanto sconcertante.

1) Il versamento allo stato di 10 milioni a fronte di 7.3 milioni di imposte evase.

La logica è: siccome hai accettato di restituire il maltolto, esiste la volontà di accettare le regole della convivenza sociale. Domanda: aveva, Berlusconi, la possibilità di rifiutarsi? Se non avesse versato, non sarebbe stato soggetto ad altri capi di imputazione? A questo punto basterebbe osservare che Berlusconi si ferma davanti al semaforo rosso per argomentare che qualche regola sociale lui effettivamente la segue, quindi c’è speranza che cominci anche a seguire le altre. 

Un’alternativa Berlusconi in realtà ce l’aveva: versare anche i 6.6 milioni evasi nel 2001, anno per il quale è valsa la prescrizione. Il comune cittadino osserva che il non averlo fatto dimostra proprio il contrario di quanto l’ordinanza cerca di argomentare: mancanza di rispetto per la sentenza, la collettività e le istituzioni. 

2) La disponibilità ad accettare l’affidamento ai servizi sociali. Avete letto bene: i giudici ritengono che l’aver semplicemente richiesto l’affidamento sia dimostrazione di un principio di ravvedimento fingendo di ignorare che senza la richiesta non ci sarebbe stato alcunché da motivare!

Menzionano anzi in un paragrafo rivelatore che il condannato in una memoria difensiva aveva richiesto di effettuare volontariato presso un centro di ippoterapia sua proprietà. Ripeto: ippoterapia di sua proprietà. Qui i giudici mostrano un barlume di indignazione, affermando che tale richiesta “svilisce di fatto il significato trattamentale della prescrizione che il Tribunale intende applicare“. Quattro ore di equitazione la settimana presso una tua tenuta? Il comune cittadino interpreta la proposta della difesa come una colossale presa in giro, l’ennesima dimostrazione di spregio alle famose norme di convivenza sociale. 

3) Le dichiarazioni pubbliche del condannato. Qui I giudici si trovano di fronte ad un bel dilemma. Il condannato non ha dimostrato in questi mesi alcun pentimento, attacca in continuazione la magistratura, si lamenta di ogni iniziativa e pronuncia nei propri confronti. Come uscirne? Semplice, basta fare finta di credere che queste affermazioni facciano parte della normale retorica politica, cioè sono bugie che i politici sono soliti affermare nel normale esercizio della loro attività: “Ritiene questo tribunale di inquadrare siffatte dichiarazioni nell’ambito della strategia politica di un uomo che ha fatto di tali dichiarazioni uno dei propri cavalli di battaglia”. 

Il comune cittadino deve sforzarsi ad esercitare una disperata sospensione dell’incredulità. I giudici avevano prima scritto che non bastava fidarsi delle parole, ma lo intendevano in senso negativo: non ci fidiamo che tu ci dica che ti sei pentito, serve qualcosa di più. Ma se invece dice il contrario, sta sicuramente raccontando bugie. Viene da chiedersi cosa si debba dire per vedersi negato l’affidamento. 

Ci consola solo che questa brillante interpretazione sia un’idea tratta dalla memoria presentata dalla difesa. Insomma, Berlusconi quando si lamenta pubblicamente della sentenza sta mentendo ai suoi elettori, ce lo sta dicendo lui stesso. O sta facendo l’occhiolino, mentendo quando dice di mentire, in un documento presentato ad un tribunale, altro esempio di possesso delle condizioni “almeno in nuce” di ravvedimento e di rispetto per le istituzioni che consentano una “costruttiva partecipazione sociale”

4) Le dimissioni da senatore e da cavaliere del lavoro, “nel pieno rispetto delle regole democratiche, istituzionali e giuridiche”. In alternativa, avrebbe potuto incatenarsi al cancello di palazzo Madama inviando via twitter pernacchie ai cavalieri del lavoro, nel qual caso il rispetto delle regole sarebbe stato solo parziale e avrebbe meritato almeno gli arresti domiciliari in un castello con tenuta a scelta. 

5) Ci sono poi le cause in corso, Ruby in particolare, che i giudici menzionano omettendo ogni commento, nemmeno a favore del loro ragionamento. Ed infatti nessuna logica può negare quello che il comune cittadino osserva: Berlusconi ha continuato, dopo il reato, ad esercitare il suo potere in spregio alle regole di convivenza civile che qui si vorrebbe avesse dimostrato di poter accettare. 

6) Infine, nessuna parola sull’ammontare della misura alternativa, 4 ore settimanali, nessun confronto o accenno a come si comportino, in media, i tribunali di sorveglianza nella generalità dei casi di affidamento, che hanno certo ognuno la propria specificità, ma che servirebbero al comune cittadino a capire quanto sia stato preso per i fondelli. 

L’impressione è che la discrezionalità sia enorme, che il potere giudiziario, esausto, sia disposto ad un triplo salto mortale attorno a fatti, parole e logica pur di lasciarsi dietro questa vicenda. Il comune cittadino continuerà a pensare che Berlusconi abbia ricevuto un trattamento di favore; la magistratura continuerà a far finta di aver operato nei limiti di regole valide per tutti; Berlusconi continuerà a dichiarare di aver subito un’ingiustizia.

di Andrea Moro (una versione piu’ estesa di questo articolo e’ apparsa su noisefromamerika.org il 20 Aprile)

 

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