Lunedì 12 maggio 2014 Marcello Dell’Utri potrebbe essere liberato dalle autorità libanesi, uscendo in piena autonomia dagli uffici della polizia di Beirut, dove in questo momento si trova in stato d’arresto. Dopo il rinvio della corte di Cassazione, che ha aggiornato al 9 maggio prossimo l’udienza prevista per il15 aprile, il percorso per l’estradizione dell’ex senatore si riempie di ostacoli. E rischia di finire con la liberazione del fondatore di Forza Italia, anche in caso di una condanna definitiva da parte della Suprema Corte.

L’articolo 23 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria reciproca, che regola i rapporti tra Italia e Libano (leggi il documento), infatti sancisce che “si potrà porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. Dell’Utri è stato arrestato dai servizi di intelligence libanesi la mattina del 12 aprile: entro il 12 maggio, dunque, il governo italiano dovrà aver ottenuto l’estradizione dell’ex senatore. In caso contrario Dell’Utri tornerà libero. E poco importa, se nel frattempo la prima corte di Cassazione decida di mettere il bollo sulla condanna a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa Nostra.

Il ministero di Giustizia ha inoltrato al governo libanese una richiesta di estradizione motivata dall’ordine d’arresto spiccato nei confronti di Marcello Dell’Utri dai giudici della corte d’appello di Palermo. Un fascicolo che, come prevede l’articolo 21 dello stesso trattato, è composto dagli atti che illustrano “le circostanze dei fatti per i quali l’estradizione è richiesta, il tempo e il luogo in cui sono stati commessi, la qualificazione giuridica e i riferimenti alle disposizioni di legge che sono ad essi applicabili, saranno indicati il più esattamente possibile”. In più, il trattato prevede che “trattandosi di imputato, sarà inoltre allegato l’originale o la copia autentica delle deposizioni dei testimoni”. Essendo quindi Dell’Utri in questo momento soltanto un imputato, seppur arrivato al terzo grado di giudizio, a Beirut dovranno arrivare per via diplomatica i vari faldoni che raccontano la ventennale storia giudiziaria del fondatore di Forza Italia. Il tutto tradotto in francese, lingua utilizzata per redarre il trattato bilaterale Italia-Libano.

Entro il 12 maggio il governo libanese dovrà analizzare l’enorme massa di indizi documentali pervenuti dal nostro paese per poi decidere se concedere l’estradizione, come richiesto dall’ambasciata Italiana e dall’Interpol, o se rilasciare Dell’Utri, che a Beirut si sta facendo assistere da un avvocato del luogo. Altro percorso si sarebbe innescato se invece stamattina la Corte di Cassazione non avesse rinviato la sentenza. In caso di condanna definitiva, da via Arenula sarebbe partita una seconda richiesta di estradizione, parallela alla prima, questa volta però corroborata da una sentenza di condanna definitiva che avrebbe accorciato i tempi per la discussione del caso a Beirut, riducendo al minimo la discrezionalità dei giudici libanesi, che davanti ad un terzo grado di giudizio sarebbero stati svincolati dall’analisi di tutti gli elementi probatori. Vero è che una condanna definitiva sulla testa dell’ex presidente di Publitalia potrebbe arrivare comunque il 9 maggio, tre giorni prima della scadenza dei trenta previsti per il limite di detenzione, ma 72 ore sono un tempo troppo esiguo per elaborare una nuova richiesta di estradizione. A Beirut quindi il caso Dell’Utri si discuterà in ogni caso solo sulla base del mandato d’arresto firmato dai giudici palermitani l’8 aprile scorso: una battaglia a colpi di valutazioni giurisprudenziali, dato che un conto è avere agli atti una condanna definitiva, un altro invece centinaia di pagine con le fonti di prova, per un reato – il concorso esterno in associazione mafiosa– che in Libano tra l’altro non esiste. In questo senso quindi, il rinvio accordato dagli ermellini agli avvocati Giuseppe Di Peri e Massimo Krogh, i legali dell’ex senatore che avevano fatto pervenire alla corte due certificati medici per chiedere il posticipo della sentenza, lascia apertissima la partita dell’estradizione. Una partita duplice dato che dall’altra parte trascorreranno ben tre settimane prima che la Suprema Corte torni a discutere del destino di Dell’Utri.

Nonostante il primo rinvio, la Cassazione – come già avvenuto per il caso della frode fiscale imputata a Silvio Berlusconi – ha in ogni caso l’obbligo di non far maturare i termini della prescrizione, che per il reato ascritto a Dell’Utri scatterà il primo luglio del 2014. La presidente della prima sezione della Suprema Corte, Maria Cristina Siotto, rinviando l’udienza ha comunque chiarito che la prescrizione del reato è comunque sospesa fino alla data in cui riprenderà il processo. Cioè il 9 maggio: fino ad allora, come hanno insegnato i vari procedimenti a carico di Berlusconi, può succedere tutto e il contrario di tutto. Senza considerare che la Suprema Corte potrebbe annullare la condanna, magari ordinando un nuovo processo d’appello per Dell’Utri. Che in quel caso finirebbe presto prescritto.

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