Passata la sbornia della prima tornata di nomine pubbliche, l’attenzione torna a concentrarsi sui problemi concreti dell’economia. A partire dalla questione della disponibilità di credito, strettamente legata ai crediti deteriorati (cioè quelli difficili o impossibili da recuperare) in pancia agli istituti di credito. Una grana che è “urgente” risolvere, ha detto Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza della Banca d’Italia, durante un incontro a Napoli: “L’incidenza (dei crediti deteriorati, ndr) limita la disponibilità di risorse liquide e di capitale da destinare a nuovi impieghi”. Tradotto: maggiore è il volume degli “incagli” che intasano i bilanci delle banche, minore è la loro disponibilità a concedere nuovi prestiti a famiglie e aziende. E oggi le sofferenze (altro termine con cui vengono indicati i crediti problematici) hanno superato quota 160 miliardi, arrivando a valere l’8,5% degli impieghi. Secondo Barbagallo, il primo intervento da mettere in campo, in parte già avviato grazie alla “azione che le Autorità di supervisione hanno condotto e stanno ancora conducendo anche in vista dell’avvio del meccanismo unico di vigilanza“, è il rafforzamento del capitale di rischio degli istituti. Che “consentirebbe alle banche di assicurare un più appropriato sostegno finanziario e alle imprese di attingere ad altre fonti di finanziamento, alternative al circuito bancario”. Giudizio positivo anche sull’aumento degli accantonamenti, che “contribuiscono a rafforzare la fiducia del mercato nella solidità del sistema bancario” e sulle “politiche di svalutazione” che “favoriscono la cessione dei crediti non performing, agevolando la ripresa del credito all’economia”.“Sul fronte della qualità del credito”, comunque, “da diversi mesi si riscontrano segnali positivi che sembrano prefigurare una inversione di tendenza”: tra questi “il tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti alle imprese”, che dopo essere “cresciuto ininterrottamente a partire dal terzo trimestre del 2011, sta ora diminuendo“.

Rilanciare le cartolarizzazioni – “Uno strumento importante per la ripresa del credito – ha aggiunto Barbagallo – è la cartolarizzazione“. Cioè l’operazione finanziaria con cui le banche intestano una parte dei prestiti concessi a una società ad hoc, in modo da lasciarli fuori bilancio (la società emette poi obbligazioni per un ammontare pari a quello dei prestiti concessi, e ne paga gli interessi con le rate incassate dai debitori). “Essa consente alle banche di attenuare i vincoli di capitale e liquidità e alle imprese di accedere al mercato dei capitali per via indiretta”. 

Mini-bond e venture capital per ridurre dipendenza da banche – Barbagallo ha infine parlato della necessità che “sistema finanziario e imprese evolvano verso un nuovo modello relazionale”: queste ultime “dovrebbero accrescere dimensioni e patrimonio, così da ridurre la dipendenza” dagli istituti di credito, che “fa da freno all’economia soprattutto in periodi come quelli odierni. Le imprese dipendono dal credito bancario perché le ridotte dimensioni e il basso livello di capitalizzazione ne ostacolano la capacità di accedere a fonti alternative di approvvigionamento”. Affrancarsi da questa dipendenza, comunque, “non significa perdita di centralità del ruolo delle banche”, che “devono sfruttare le conoscenze privilegiate che hanno sulle imprese per accompagnarle nel processo di rafforzamento patrimoniale e di diversificazione delle fonti di finanziamento, sostenendone la crescita dimensionale”. Ma il risultato potrebbe essere “un modello di relazione banca-impresa più equilibrato e vantaggioso per entrambe le parti”.“Tra gli altri strumenti importanti per sostenere la crescita – ha aggiunto Barbagallo – anche i sistemi pubblici di garanzia del credito e i confidi“. “Adatto alle caratteristiche delle imprese di non grandi dimensioni”, secondo il capo della Vigilanza di via Nazionale, è anche “l’intervento di fondi di venture capital e private equity. Si tratta di un campo in cui sembra appropriato intervenire con iniziative di partnership pubblico-privato secondo schemi già adottati in passato”. A questo vanno aggiunti “i mini-bond, una valida alternativa al finanziamento bancario, per specifici segmenti di imprese. I volumi sono ancora modesti: gli emittenti sono stati finora 24, per un valore complessivo prossimo a 6 miliardi“. Infine “lo sviluppo di forme di intermediazione alternative al circuito bancario (credit funds, crowdfunding) è un fatto positivo, poiché rende disponibili alle imprese fondi che non sempre le banche sono in grado di offrire, ma non vanno sottovalutati i rischi“.

 

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