Le abbiamo viste ovunque. Dai villaggi dell’Africa centrale alla Siria, dalle favelas di Rio al Sahara. Oppure sui barconi che sfidano il mar di Sicilia. Sono le maglie dei campioni di calcio: Messi, Ronaldinho, Kakà o Ronaldo. Coi loro milioni di fan in tutto il mondo, il calcio globalizzato è finito nelle istantanee più inverosimili a ogni latitudine.

Lo spiegava Stefano Citati con un articolo che risale al tempo della guerra in Libia. Fucile e pallone, scriveva, sono due passioni dei ribelli che non smettono le maglie di calcio indossate sotto i corpetti militari.
Domenico Quirico, il cronista della Stampa che rimase cinque mesi prigioniero in Siria, raccontò di essersi salvato grazie a una maglietta del Milan che lo aveva aiuto a entrare in empatia con i suoi aguzzini.E’ strano, quasi offende vedere il pallone trascinato in certi scenari. Pur con i suoi difetti il calcio rimane uno sport, e quindi gioia.

A riportarlo a una dimensione umana ci pensano organizzazioni come Kits4Causes. Nata nel 2009 da un’idea di un gruppo di studenti di Sheffield per sostenere la candidatura inglese ai Mondiali 2018, nonostante la bocciatura della Fifa ha continuato il suo lavoro. Se in un primo momento l’obiettivo del gruppo era la distribuzione di materiale per i giovani aspiranti calciatori in Africa, da qualche anno Kits4Causes ha esteso il suo raggio di azione. Sul sito dell’associazione c’è un indirizzo a cui mandare magliette, scarpe, pantaloncini o calzettoni. Nuovi o usati, originali o repliche. Tutto ciò che serve per giocare a calcio è ben accetto, viene raccolto e poi smistato dal Kenya ai Caraibi o nel Sud Est asiatico. 

Spesso sono le squadre amatoriali a mandare i loro equipaggiamenti, quelli più rovinati dalle lotte nel fango. Inutili, ormai, perché la pizzeria vicino al campo ha deciso di mettere due soldi e bisogna farsi scrivere lo sponsor sul petto. Non si sono tirate indietro nemmeno le grandi del calcio britannico. Manchester United e Swansea, due squadre di Premier League, hanno regalato un’intera muta ai bambini dei quartieri brasiliani più difficili attraverso Shirts4SanPaolo. Ora possono dare vite a accesissime sfide bianchi contro blu. Lo Stoke City ha rivestito da cima a fondo di biancorosso un gruppo di ragazzi ghanesi.

In altri casi la donazione è opera di singoli benefattori calciofili. Il portiere scozzese Kenny Arthur dell’Annan Athletic ha fornito 36 paia di guanti ai numeri uno delle scuole calcio di mezza Jamaica. Arthur possiede una ditta di abbigliamento sportivo, la KAGoalkeeping, ma questo non rende meno bello il gesto. Per la causa i fondatori di Kits4Causes non disdegnano il marketing e sanno essere cinici. Come quando sul loro profilo Twitter hanno chiesto a tutti i tifosi del Chelsea di inviare la loro maglietta di Mata. Lo spagnolo era passato allo United e loro erano convinti che nessuno, deluso e ferito, avrebbe più voluto indossare il nome di un ex sulle spalle. 

Se il vostro beniamino ha voltato la faccia alla squadra del cuore o se si è ritirato, se siete stufi della casacca che vi ha accompagnato negli ultimi due anni di calcetto oppure se le scarpe non calzano come un guanto non passate dal cassonetto. I vostri kit potranno colorare qualche campo di terra battuta in un posto che nemmeno pensavate esistesse. E strappare un dribbling e un sorriso a quel piccolo Ibra decontestualizzato.

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