Si è conclusa questa settimana la 51esima edizione del MipTv di Cannes, la più importante fiera internazionale dei format televisivi. Perché ce ne dovrebbe importare qualcosa? Perché è da lì che partono i filoni, le tendenze e i programmi che poi arrivano negli schermi di casa nostra, anche se spesso con alcuni anni di ritardo.

Il Mip è una specie di grande circo globale. A ogni edizione (ce ne sono due l’anno: il MipTv propriamente detto e il MipCom), più di 10.000 partecipanti provenienti da oltre 100 paesi corrono freneticamente dall’uno all’altro dei 1600 stand di espositori sparpagliati sui 20.000 metri quadri di superficie. Ogni incontro dura mezz’ora esatta d’orologio. Si inizia con il consueto scambio di biglietti da visita (alla fine se ne portano a casa quantità esagerate); ci si mette quindi davanti a un monitor e si passano in rassegna i prodotti di punta della stagione, condensati in pillole di pochi minuti, cercando ogni volta di indovinare al volo se si tratta di un’idea vincente o di un’emerita idiozia. L’appuntamento termina allo scoccare esatto del trentesimo minuto, con l’immancabile promessa di rivedersi l’edizione successiva. Poi via di corsa al prossimo incontro, che è quasi sempre dal capo opposto della fiera.

E’ un’autentica maratona che lascia sfiancati già dopo il primo giorno chi ancora non ci ha fatto l’abitudine. Alla fine però ne vale pur sempre la pena, dal momento che questo business genera un giro d’affari che oscilla tra i 10 e i 12 miliardi di euro l’anno. Da qualche tempo però la crisi si fa sentire anche nel mondo, solo apparentemente dorato, di Cannes. Quest’anno per esempio non sono pochi i partecipanti che, per risparmiare il biglietto d’ingresso (che costa 1.300€, mica noccioline), si sono dati appuntamento in uno degli innumerevoli bistrot appena fuori dalla fiera.  

Ma veniamo ai contenuti. Ci vuole un po’ di tempo per studiare per bene tutta l’enorme quantità di materiale che viene lasciato in visione e fare quindi un bilancio ragionato. In ogni caso, così a caldo, il format che ha suscitato più interesse è stato forse il sudamericano Dolphins with the stars: un gruppo di personaggi famosi vive per un mese in un delfinario per familiarizzare con i loro partner acquatici, con cui formano delle coppie di ballo “miste”, che si esibiscono in coreografie a tempo di musica che variano a ogni puntata.

Il più social è lo spagnolo I want to have a million friends (già anticipato l’edizione scorsa): alcuni partecipanti, chiusi dentro angusti container, devono interagire col mondo esterno esclusivamente attraverso il loro PC, cercando di aumentare il più possibile i loro contatti e far compiere loro una serie di prove e missioni difficili e assurde. 

La palma del più bizzarro va invece all’olandese Adam looking for Eve: nell’esotico scenario di un’isola tropicale si incontrano per la prima volta due single, a cui però si aggiunge ben presto un terzo incomodo (dell’uno o dell’altro sesso). Il punto non è tanto quale coppia si formerà, bensì il fatto che sono tutti completamente nudi, sin dal primissimo approccio. Si rivedranno vestiti solo nei minuti finali della puntata, per vedere l’effetto che fa. Il grande ritorno dei dating game (gioco delle coppie), virati però sul modello reality, sembra del resto essere la tendenza più accentuata di quest’ultima edizione della fiera.

Va infine segnalato l’ingresso in grande stile nella scena mediatica globale del primo importante format cinese: Celebrity battle. Si tratta di un talent faraonico, ma non certo originale: alcuni famosi produttori vengono abbinati a giovani promesse canore, per creare i successi musicali di domani. Tutto già visto, ma in ogni caso il segnale è chiaro: anche dal punto di vista televisivo la Cina è ormai vicina.

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