A livello giornalistico tutti lo conoscono come “Salva-Roma”, ma poi si sa come vanno queste cose: si finisce per salvare un po’ tutti. O almeno ci si prova. E’ così che durante la notte – nell’apposita riunione congiunta delle commissioni Bilancio e Finanze convocata per approvare il decreto “in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche” (il nome ufficiale) – si è tentato nientemeno che di salvare Dario Nardella, il vicesindaco di Firenze nominato da poche settimane dall’amico Matteo Renzi e candidato avatar del premier a primo cittadino nella città in cui tutto è iniziato (candidato che, a quanto risulta da sondaggi interni dello stesso Pd, viaggia alla non ragguardevole cifra del 30% delle intenzioni di voto).

L’emendamento è uno di quelli scritti in burocratese stretto, in modo che si faccia fatica a capirne il contenuto: il sospetto che fosse pensato per favorire Firenze era già nell’aria, ma è divenuto una certezza quando i lavori delle commissioni riunite si sono arenati per l’opposizione dei deputati di Nuovo Centrodestra (Paolo Tancredi e Barbara Saltamartini su tutti). “Ma se lo dicono anche quelli del Pd che è stato pensato per Firenze”, sbottava Rocco Palese (Forza Italia) uscendo dall’aula intorno a mezzanotte e mezza. La firma in calce al testo, d’altronde, lasciava pochi dubbi: Dario Parrini, segretario regionale del Pd in Toscana, renzianissimo. Anche lo stesso Nardella s’era discretamente fatto sentire coi colleghi (formalmente è ancora deputato) e il governo aveva sigillato il tutto col suo parere favorevole: alla fine, però, dopo una mezz’ora di discussione accesa e coi lavori di commissione a rischio blocco, il Pd ha deciso di ritirare l’emendamento col proposito di ripresentarlo nella discussione in Aula la prossima settimana.

Il contenuto, come si diceva, è pensato proprio per permettere al Comune di Firenze – e cioè al clone renziano Nardella che lo amministra oggi e probabilmente lo farà domani – di assumere o promettere di assumere un po’ di gente prima delle elezioni: la classica manovra pre-elettorale. In sostanza si consente ad alcune tipologie di comuni di aumentare il numero di dirigenti assumibili a tempo determinato e senza concorso: in pratica, nel nostro caso, Firenze avrebbe triplicato questo genere di posti (senza contare, sia detto per inciso, che la cosa è del tutto in contrasto coi nuovi concorsi per giovani dirigenti propagandati dal ministro della Funzione pubblica Marianna Madia).

Se il salva-Nardella o salva-Firenze non è andato, però, non tutti gli aiutini vengono bloccati. Anzi, di regola qualcosa passa sempre. Un emendamento che tanto fa piacere ai comuni di Milano e Torino, ad esempio, è stato approvato proprio nella notte: in sostanza è stata abbassata dal 30 al 20% la cifra che va appostata in bilancio per garantire i residui attivi. Questo, ovviamente, libera risorse che altrimenti sarebbero dovuto rimanere immobilizzate. Questa riduzione – autorizzata dalla Ragioneria generale e avallata un po’ da tutti anche grazie alle telefonate in serie fatte dal presidente dell’Anci, Piero Fassino – consentirà a Giuliano Pisapia, che era in grossa difficoltà, di chiudere il bilancio (e anche a Torino, dicono i tecnici, hanno tirato un bel sospiro di sollievo). Twittava nella notte la deputata romana Barbara Saltamartini, direttamente dalla commissione: “Da questa sera il cd decreto #salvaRoma è meglio chiamarlo #salvaMilano grazie a riduzione dal 30 al 20% del fondo svalutazione crediti”. Tutto è bene quel che finisce bene all’ombra del salva-Roma.

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