Fino a tutti gli anni ’60 una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione è stata sversata nel fiume Tirino dal sito industriale chimico di Bussi, in provincia di Pescara. A sostenerlo sono i pm Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli della Procura pescarese, nel corso del processo in Corte d’Assise sulla maxi discarica Tremonti di Bussi ex Montedison, che si svolge a porte chiuse a Chieti. Secondo l’accusa, alcuni degli imputati erano a conoscenza dei problemi di clorurati nell’acquedotto Giardino sin dal 1992. Emerge, affermano i pm, da un documento agli atti che si riferisce alla conclusione di una riunione. 

Già negli anni ’70 inoltre, sostengono i pm Mantini e Bellelli, Montedison sapeva degli effetti letali dell’interramento dei rifiuti. La Procura di Pescara ha reso pubblica una lettera a firma dell’assessore Contratti, inviata ai vertici della Montedison di Bussi nel 1972, nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell’acquedotto Giardino, che forniva l’acqua potabile a tutta la Val Pescara. I pm hanno anche mostrato in aula un documento interno alla Montedison, nel quale l’azienda segnalava l’acidità dei rifiuti industriali da inserire nei cassoni di cemento, che poi venivano portati con dei camion nella discarica Tremonti per essere seppelliti.

Dalle carte depositate al processo emerge anche l’esistenza di uno studio dell’Istituto superiore di sanità, datato 1981, che parla di grano contaminato dal mercurio lungo le sponde del fiume Pescara. Così come mercurio venne trovato nel 1972 nei pesci e nei capelli dei pescatori del porto. 

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