Le donne in sovrappeso “sono sempre più convinte di essere nella norma”, soprattutto grazie alle nuove politiche commerciali che impongono manichini più “in carne” e vestiti di taglie superiori. È quanto ha affermato Sally Davies, chief medical officer del Regno Unito, in pratica l’autorità governativa responsabile delle politiche di indirizzo sul tema della salute. Così, mentre lo scorso dicembre Debenhams, catena di grandi magazzini, ha cambiato manichini e immagini dei suoi cataloghi privilegiando forme più rotonde, ora Davies annuncia: “Per tanto tempo sono stata preoccupata dell’anoressia e dell’immagine sbagliata che veniva data delle donne. Ora la mia preoccupazione va proprio nella direzione opposta: ho paura che questo approccio più morbido alle taglie non possa fare altro che rendere normale ciò che normale per la medicina non è, cioè essere in sovrappeso o addirittura obesi”.

Nel Regno Unito, due terzi degli adulti e un terzo dei bambini hanno problemi di peso. Il costo per la sanità resta enorme, fra diabete, attacchi di cuore e cancro, così nelle ultime settimane dal governo sono persino arrivate indicazioni su una “tassa sullo zucchero” per alzare il prezzo di bibite frizzanti e dolciumi. Già nei primi anni Duemila in Gran Bretagna si affrontò il problema del sale in eccesso negli alimenti, così ora la nuova frontiera delle politiche sanitarie governative pare essere quella dei carboidrati di rapida assimilazione. E, sullo stesso fronte, la nuova guerra ai manichini, che in alcuni negozi – e il numero è crescente – ora sono di taglia 16 (48 in Italia), mentre fino a pochi mesi fa la norma pressoché totalitaria nelle catene commerciali britanniche era di manichini taglia 8 o 10 (fra la 40 e la 42).

Ma c’è di più. Secondo Davies, “è proprio la cultura popolare che incoraggia agli eccessi”. Sotto accusa anche le soap opera: “Abbiamo analizzato sei mesi di puntate e quello che emerge è che nella metà degli episodi vengono presentati episodi di alcolismo. Questo non corrisponde alla realtà del Regno Unito, dove il 75% della popolazione adulta non ha problemi di alcol”. Poi, ancora, le pubblicità, “dove spesso le persone in sovrappeso vengono associate alla felicità”, così come le politiche scolastiche e ospedaliere. In ancora troppi istituti di istruzione e in troppi centri di cura sono presenti macchinette automatiche che distribuiscono caramelle, patatine, barrette al cioccolato e bibite gassate. Anni fa si provò a introdurre soprattutto nelle scuole distributori automatici di frutta, verdura o prodotti comunque salutari, ma con scarso successo. E in scuole dove ancora, nelle mense, vengono servite le tanto amate “chips”, patatine fritte, questi temi saranno sempre più importanti per una popolazione giovanile dal girovita sempre più ampio.

Ora, la guerra, tuttavia, si prepara anche a livello ministeriale. Proprio mentre Davies lanciava l’attacco contro manichini e zuccheri aggiunti, la ministra per le Pari opportunità Jo Swinson ripeteva il motto di una sua campagna risalente all’inizio del 2013: “Non esiste un solo tipo di felicità e non c’è un solo modo di essere belle. Dobbiamo proporre un’immagine più veritiera delle donne”. Sì al sovrappeso, quindi. Oppure no? La guerra, per ora si combatte a colpi di manichino.

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