Chioschi sì. Chioschi no. È una delle polemiche che sta animando la campagna elettorale modenese, già funestata dalle accuse di brogli nelle primarie Pd. Ed è con tutta probabilità una delle prime grane che erediterà la giunta del dopo Pighi. Stiamo parlando del caso del Parco della Rimembranza, un’area verde vecchia quasi cent’anni, progettata e realizzata negli anni Venti in memoria dei caduti della grande guerra, e dal 2005 tutelata come bene culturale. Qui il Comune di Modena ha avviato i cantieri per la costruzione di 5 nuove strutture, destinate ad attività commerciali, bar, locali e ristoranti, con tanto di passerelle, pavimenti e pilastri di cemento armato. Un progetto da 2500 metri cubi, che ha scatenato la protesta di comitati e associazioni ambientaliste come ‘Italia Nostra. E dato il via a petizioni, interpellanze e una pioggia di esposti per fermare i lavori.

Lottizzazione, abuso edilizio e privatizzazione di suolo pubblico sono in sintesi le accuse che il fronte del ‘no’ ai chioschi rivolge all’amministrazione comunale. “Non possiamo credere che il Comune e la Soprintendenza abbiano potuto proporre e non obiettare su una cementificazione di tale portata di un territorio pubblico così fragile e privo di manutenzioni ordinarie e straordinarie ormai da molti, troppi anni” si legge in una denuncia inviata alla procura di Modena a metà febbraio, da quello che si autodefinisce “un gruppo di cittadini”. In altre parole, secondo gli ambientalisti la giunta avrebbe autorizzato una cementificazione selvaggia a danno di un parco secolare, mascherando l’operazione sotto le etichette della riqualificazione urbanistica e della valorizzazione commerciale.

“La cosa più paradossale – si legge ancora – è che anche gli stessi operatori dei bar che diventeranno poi locali stabili, non più stagionali, che nulla ricordano i vecchi chioschi, sono stati anch’essi obbligati, pena la decadenza delle licenze, ad affrontare costi ragguardevoli per poter proseguire le loro attività. Ora, se gli operatori non sono contenti, se i cittadini lo sono ancor meno, chi beneficia di questa costosa e impattante operazione?”.

Neanche un mese dopo, il 4 marzo, Italia nostra, che già aveva depositato un esposto con l’ accusa di “uso illecito di un bene culturale”, è tornata all’attacco. E si è appellata di nuovo al procuratore Vito Zincani, domandando il sequestro preventivo del cantiere. Un’istanza che è andata a buon fine. Alcuni giorni dopo, infatti, è stato il procuratore a chiedere al giudice per le indagini preliminari di mettere il sigillo ai quattro chioschi. Lo scopo è quello di accertare l’eventuale violazione delle norme in materia di tutela di un bene pubblico.

Una battaglia quella contro i chioschi in cui si è inserito anche il senatore del Nuovo centro destra, Carlo Giovanardi, fresco di candidatura a sindaco di Modena. Oltre ad aver presentato un’interpellanza al governo, Giovanardi ha portato sul tavolo del Corpo forestale dello stato un esposto per chiedere la tutela del parco. Nel testo l’ex sottosegretario misura l’area verde destinata a sparire: “È prevista la costruzione di 5 chioschi, con un’ area coperta che passa complessivamente dagli attuali 125 metri quadrati ai 1567 metri quadrati. Coprendo così il 30,8 % per cento della superficie a verde del parco. In sostanza, non sarebbero più i chioschi al servizio del parco ma quello che rimarrebbe del parco al servizio delle funzioni commerciali dei chioschi”.

Intanto, il sindaco Giorgio Pighi difende le proprie scelte. E spiega di aver già portato tutti i documenti ai magistrati. “Non piace? È questione di gusti estetici”. Per quanto riguarda “i lavori in corso da parte dei privati sono conformi ai permessi di costruire rilasciati dal Comune e approvati dalla Soprintendenza, così come è stato riconosciuto anche in occasione di recenti sopralluoghi”. Il giudice però ha deciso: sigilli e cantieri fermi, in attesa della fine delle indagini.

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