Una discarica di veleni tossici dell’ex polo chimico Montecatini Edison di Bussi che fino al 2007 ha contaminato l’acqua “distribuita a circa 700mila persone senza controllo e persino a ospedali e scuole“. L’Istituto Superiore di sanità riporta in una relazione le conclusioni dell’analisi delle acque contaminate dalla discarica in provincia di Pescara, richiesta dall’Avvocatura dello Stato e depositata a Chieti, dove sono sotto processo i vertici di Montedison e Solvay con oltre 20 indagati dopo l’inchiesta del Corpo Forestale. Per l’Iss “la qualità dell’acqua è stata indiscutibilmente, significativamente e persistentemente compromessa per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento”. L’acqua risulta “contaminata da sostanze di accertata tossicità”.

Nella relazione di 70 pagine che i consulenti tecnici dell’Avvocatura dello Stato Pietro Comba, Ivano Iavarone, Mirko Baghino e Enrico Veschetti hanno stilato sulla vicenda della mega discarica di veleni industriali di Bussi e sulla contaminazione delle falde acquifere della Val Pescara si legge: “La mancanza di qualsiasi informazione relativa alla contaminazione delle acque con una molteplicità di sostanze pericolose e tossiche, solo una parte delle quali potrà essere tardivamente e discontinuamente oggetto di rilevazione nelle acque, ha pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati alla rimozione delle stesse sostanze dalle acque”. Nel frattempo a farne le spese è stata la popolazione: “Del significativo rischio in essere non è stata data comunicazione ai consumatori, che pertanto non sono stati in condizioni di conoscere la situazione ed effettuare scelte consapevoli”, si legge tra le conclusioni. Ci sono quindi “incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta agli inquinanti attraverso il consumo e l’utilizzo delle acque”, chiude l’Istituto Superiore della Sanità.

La discarica di Bussi, secondo il presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera Ermete Realacci, è “una bomba ecologica, la più grande d’Europa, sepolta ai piedi del Parco del Gran Sasso e di quello della Majella, in Abruzzo”. Si tratta, osserva Realacci – che ha presentato un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico – di “una discarica di circa trenta ettari, a poca distanza dalla confluenza dei fiumi Tirino e Pescara, dove sono state interrate quasi 1 milione 800mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, perclorati e cloruro di ammonio dell’ex polo chimico Montecatini Edison, per un danno ambientale stimato in 8,5 miliardi di euro e un costo di 600 milioni per la bonifica. Che continuano a inquinare la terra e il sottosuolo”. E dopo 40 anni di denunce, che stanno portando i responsabili di questo disastro nelle aule giudiziarie, potrebbe finalmente partire “un’operazione di bonifica e riqualificazione che funga da modello per le riconversioni industriali del Paese”, ha aggiunto Realacci. “Ai ministri interrogati ho inoltre chiesto – ha concluso – se vogliano istituire, di concerto con la Regione Abruzzo e il Comune, un tavolo tecnico per favorire la riconversione dell’area con progetti che siano compatibili con gli interventi di bonifica e la tutela dell’ambiente”.

In merito all’interrogazione è intervenuta anche la senatrice Pd Stefania Pezzopane secondo cui “il rischio, come ci conferma l’Ispra, è gigantesco e i quantitativi di materiali e scorie di rifiuti tossici enormi. Il risanamento ambientale e la bonifica di quei siti sono da troppi anni dimenticati e rinviati. Tra l’altro – ricorda la parlamentare ed ex presidente della Provincia de L’Aquila – Bussi è anche un Comune inserito nel cratere sismico del tragico terremoto del 2009 e mi chiedo e chiedo al governo che fine abbiano fatto quei 50 milioni stanziati dal Parlamento e prelevati dai fondi per la ricostruzione post sisma e che nelle intenzioni presumo dovessero servire a riqualificare e reindustrializzare quel territorio”. 

“L’acqua contaminata erogata dall’acquedotto della Val Pescara è stata bevuta fino al 2007, anno in cui, grazie alle denunce del Wwf, i pozzi Sant’Angelo sono stati chiusi”, afferma il presidente del Wwf Abruzzo, Luciano Di Tizio, che definisce la relazione dell’Istituto Superiore di Sanità come una “conferma di quanto abbiamo sempre sostenuto”. Per anni “gli abitanti hanno bevuto acqua contaminata”, ma dopo il 2007 “hanno scavato nuovi pozzi a San Rocco, a valle della zona contaminata. Attualmente e per il momento la situazione è tranquilla e non ci sono problemi per l’acqua che beviamo, ma bisogna stare attenti e vigili perché quella zona è molto delicata”.

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