Gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono “impegnati tra stoffe, modelli, modelle, ricevimenti, sono dei creativi e non me li immagino a gestire schemi di abbattimento fiscale”. Il sostituto pg di Milano, Gaetano Santamaria, ha chiesto l’assoluzione per gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, condannati in primo grado a un anno e 8 mesi per evasione fiscale. La richiesta è arrivata a sorpresa nel processo d’appello. Lo scorso 19 giugno erano stati condannati anche il loro commercialista Luciano Patelli e ad altri tre manager (a un anno e 4 mesi), tra cui Alfonso Dolce, fratello di Domenico.

Il processo per creazione di società in Lussemburgo. Al centro del processo una presunta evasione fiscale che sarebbe stata realizzata, secondo le indagini che erano state coordinate dai pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, con una ‘estero-vestizione’: con la creazione nel 2004 di una società ritenuta fittizia in Lussemburgo, la Gado, per ottenere vantaggi fiscali. La cifra contestata all’inizio delle indagini di un miliardo di euro si era poi ridotta con la sentenza a circa 200 milioni di euro e la condanna di primo grado era arrivata solo per il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Mentre per la restante parte (circa 800 milioni di euro) e per il reato di dichiarazione infedele dei redditi i due stilisti, difesi dai legali Massimo Dinoia, Fortunato Taglioretti e Armando Simbari, erano stati assolti dal Tribunale.

Tra l’altro, il primo aprile del 2011 tutti gli imputati erano già stati assolti sia dall’accusa di truffa (inizialmente contestata e poi caduta definitivamente) che da quella di evasione fiscale, ma poi la Cassazione nel novembre 2011 aveva annullato i proscioglimenti e un nuovo giudice li aveva mandati a processo, nel giugno 2012. Poi erano arrivate le condanne. Oggi la richiesta di assoluzione da parte del sostituto pg, che rappresenta l’accusa nel processo davanti ai giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello, e che in sostanza ha spiegato, tra le altre cose, che è stata male interpretata dal Tribunale la sentenza degli ermellini  che aveva disposto una nuova valutazione dei fatti, dopo le prime assoluzioni. 

Il pg: “Operazioni legittime, hanno pagato le tasse”. ”Sapete cosa significa per un’azienda avere la Guardia di Finanza in sede? Per Dolce e Gabbana l’invasione della Gdf è stata anche un colpo alla credibilità del marchio” ha chiesto Santamaria ai giudici nella sua requisitoria. Il Pg si è richiamato alla “libertà di iniziativa economica”, spiegando che non c’è stata alcuna “estero-vestizione” perché la Gado “operava effettivamente”.

L’accusa ha in sostanza difeso l’operato dei due fondatori della multinazionale della moda parlando di un “impresa moderna”. Secondo il sostituto Pg, Dolce e Gabbana hanno “pagato le tasse” e la creazione di una società in Lussemburgo è stata “un’operazione lecita”.  Con l’operazione della creazione della società  in Lussemburgo, ha spiegato il pg, Dolce e Gabbana “invece di pagare le tasse in Italia hanno pagato solo il 4% sulle royalties in Lussemburgo”. Certo, ha aggiunto il magistrato, “come cittadino contribuente italiano posso indispettirmi e magari sono contento che la Finanza accenda un faro e allora posso anche aspettarmi l’intervento su Marchionne e sulla Fiat quando trasferiranno la sede legale in Olanda”.

Tuttavia, ha spiegato ancora il pg, “come operatore del diritto devo dire che sono operazioni legittime, che la cessione dei marchi rientra nelle libere scelte imprenditoriali e va tutelata con il principio sacrosanto della libera circolazione dei capitali nel mercato”. Con quell’operazione, secondo il pg, “Dolce e Gabbana hanno pensato in grande come un grande gruppo in espansione nel mondo, pensavano alla quotazione in Borsa per porsi alla pari degli altri grandi gruppi nel settore e sono andati in Lussemburgo perché là c’è un regime fiscale capace di attrarre capitali e attirare investitori internazionali”. Se poi è vero che “Gado ha pagato solo il 4% di imposte sulle royalties in Lussemburgo, poi è anche vero che i dividendi sono stati tassati in Italia e il prelievo complessivo è arrivato quindi al 32% e non è vero, dunque, che non hanno pagato le tasse in Italia”.

Avvocato Agenzie Entrate chiede condanna. Sentenza prevista il 4 aprile. Il magistrato, inoltre, ha ricordato che gli stilisti hanno già versato 40 milioni di euro nell’ambito del contenzioso fiscale “e pagheranno quello che pagheranno, ma il processo tributario è diverso da quello penale e in questo processo non ci sono prove di illeciti penali”. Una parte delle imputazioni poi, ha concluso, ossia quelle relative all’anno 2004 “sono prescritte e restano in piedi quelle per il 2005, da cui comunque gli imputati vanno assolti perché il fatto non sussiste”. La sentenza è prevista per il 4 aprile. 

 

Il legale dell’Agenzia delle Entrate, l’avvocato Gabriella Vanadia, ha chiesto invece di confermare la condanna di primo grado. Per l’avvocato Vanadia (l’Agenzia delle Entrate è parte civile nel processo) il “dolo dell’evasione c’è stato” da parte degli imputati e “l’evasione è stata particolarmente rilevante”. In primo grado, il Tribunale aveva condannato gli imputati anche a risarcire con 500mila euro il “danno morale” all’Agenzia delle Entrate. Tra l’altro, nel contenzioso tributario in primo e secondo grado (c’è un terzo grado di giudizio in Cassazione) gli stilisti sono stati condannati per la presunta evasione fiscale. Un profilo quello del processo tributario diverso, come ha sottolineato lo stesso sostituto pg in requisitoria, diverso da quello penale. 

 

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