“Maestro, tu la mangi questa minestra di riso? A me fa schifo”. E’ davvero difficile rispondere ai bambini quando in mensa ti pongono questi quesiti. Da una parte vorresti svolgere il tuo ruolo d’educatore e insegnare a Marco che quella minestra in brodo vegetale fa bene, è sana e giusta ma dall’altra è proprio difficile fingere.

Il piacere di mangiare nelle mense scolastiche non è contemplato. Mi son chiesto tante volte: nessuno delle società di ristorazione o dei Comuni che appaltano il servizio mensa si è mai chiesto perché si spreca un sacco di cibo sui banchi dei nostri plessi?

Basterebbe venire a pranzare con noi insegnanti per capire quanto allo stato attuale la mensa sia vissuta come una “costrizione” dai bambini che non sono nemmeno liberi di scegliere se mangiare la pasta alle verdure o il passato con i crostini.

Ad intuire questa esigenza è l’organizzazione internazionale Actionaid che ha lanciato in Italia la campagna #iomangiogiusto. Una necessità, quella di migliorare le mense scolastiche italiane, che dev’essere stata capita anche dai Ministeri della Salute e dell’Istruzione, tanto da avviare un monitoraggio destinato agli istituti scolastici.

Probabilmente si sono accorti (meglio tardi che mai!) che le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” sono disattese oltre a non essere lette dagli insegnanti costretti anch’essi alla mensa: entro il 15 maggio 2014 i Ministeri si sono posti l’obiettivo di avere in mano un’indagine conoscitiva.

La posta in gioco non è da poco: il 50% dei bambini con meno di 14 anni usufruisce della refezione scolastica e in media ogni alunno (secondo i dati della Federazione italiana pubblici esercizi), nel suo ciclo scolastico obbligatorio, consuma circa 2000 pasti a scuola. Secondo il rapporto annuale 2011 della Fipe, sono consumati 380 milioni di pasti all’anno per un fatturato di circa 1,3 miliardi di euro annui.

Actionaid punta, entro il 16 ottobre del prossimo anno, a cambiare le mense con alcune azioni indispensabili. Ne cito tre.

La prima: l’inserimento di prodotti a basso impatto ambientale, stagionali e provenienti dal territorio. Secondo la ricerca 2013 di Nomisma/Pentapolis le mense biologiche in cinque anni sarebbero aumentate del 50%. Ma non basta inserire nei capitolati la voce “prodotto biologico”: va spiegato ai bambini cosa stanno mangiando. Per fare questo vanno formati i docenti e va rivisto il loro contratto.

La seconda: una mensa in cui i bambini e i genitori sono protagonisti. Per la prima volta, finalmente, qualcuno parla di partecipazione dei bambini nelle scelte dei menù.

La terza: una mensa che riduca gli sprechi. Non esistono dati nazionali sugli sprechi alimentari nelle mense scolastiche ma secondo alcune rilevazioni, circa il 10% dei pasti serviti sono eccedenze delle quali l’85% è totalmente buttato.

Una campagna, cui Actionaid offre anche agli insegnanti l’opportunità di partecipare con un semplice lavoro di monitoraggio. Io lo farò. Spero che tanti altri maestri, non si limitino a “vigilare”, a fare i “guardiani” della mensa, a urlare più dei loro alunni ma provino a pensare che stare seduti a tavola per pranzare dev’essere un piacere, anche per i bambini.  

Articolo Precedente

Un anno di liceo in meno: cara ministro Giannini, è sicura che sia la soluzione?

next
Articolo Successivo

Una scuola senza nocchieri (ma piena di pessime idee)

next