Venivano da ogni parte della Spagna: sei colonne di persone, alcuni partiti un mese fa a piedi dalle proprie abitazioni, si sono date appuntamento a Madrid per chiedere “pane, lavoro e casa per tutti”, come si leggeva sui molti manifesti che inondavano le strade, insieme a centinaia di bandiere repubblicane. Ma il giorno della Dignità ha avuto un altro epilogo: 101 feriti e 29 arresti, tre di questi minorenni, come confermano fonti del Pronto soccorso e della Polizia nazionale.

Più di 300 organizzazioni, partiti, sindacati, collettivi di distinti colori con un obiettivo comune: protestare contro le riforme “lacrime e sangue” dell’esecutivo di Rajoy e chiederne le dimissioni. Un malessere tradotto in numeri: quasi sei milioni di disoccupati, decine di migliaia di sfrattati e milioni di tagli alla spese sociale.

Madrid ieri, fino al tramonto, era pacifica e colorata. Poi però, mentre ancora si svolgeva l’assemblea in piazza Colón, decine di agenti antisommossa hanno caricato contro i manifestanti. È bastato un attimo: in più punti della città alcuni elementi violenti e gli agenti sono entrati in azione, generando scene da guerriglia urbana. Barriere prese a calci, lanci di lacrimogeni, spari, cassonetti rivoltati, incendi. Gli scontri sono scoppiati mentre la folla si disperdeva tra i poliziotti che hanno iniziato a sparare proiettili di gomma contro decine di manifestanti che lanciavano pietre. I manifestanti hanno costruito barricate, incendiato i cassonetti dell’immondizia e distrutto i vetri di una banca. Alle 21 qualcuno aveva cominciato a montare le prime tende lungo l’arteria di Recoletos. Intanto però erano già cominciati gli scontri che si sono protratti fino a mezzanotte inoltrata. 

Poco prima in piazza Colón, un coro di voci si elevava dal palco, arrivati nella capitale da ogni regione della Spagna. Insieme a loro i cassa integrati di Panrico e Coca-cola, gli spazzini e i pompieri di Madrid, le mogli dei minatori asturiani, i comitati per il diritto all’aborto, piccoli partiti di sinistra, pensionati, membri della marea bianca (i medici) e della marea verde(gli insegnanti), tutti sotto il lemma “Marcia per la dignità”. Alcuni giunti a piedi, partiti con le sei colonne dai vari angoli del Paese, altri in treno, auto e bus non senza problemi: gli organizzatori hanno fatto sapere che circa 100 autobus provenienti da 14 province sono stati bloccati dalla Guardia civil alle porte di Madrid per ore.

Dalle Asturie all’Extremadura, dalla Catalogna all’Andalusia, passando per Valencia e Murcia, l’obiettivo era uno solo: “O il governo dà una risposta alle nostre richieste oppure fa le valigie”, ha affermato il sindacalista Diego Cañamero, che ha parlato di successo della manifestazione e di oltre due milioni di persone. Nel pomeriggio il Paseo del Prado era pieno di persone che scandivano slogan contro il governo, contro le politiche di austerità e contro i tagli. Una donna portava con sé un cartellone su cui si poteva leggere: “Mia figlia non può essere qui: è dovuta emigrare”.

Ma la mobilitazione, per alcuni tra le più riuscite nella storia della democrazia spagnola, è stata sorvegliata dal più alto numero di agenti antisommossa dispiegato dal governo: 1750. A proteggere poi la via Génova, sede del Partito popolare, c’erano 10 blindati e circa 50 agenti. D’altronde le reazioni verbali dell’esecutivo di Rajoy non erano state per niente concilianti: qualche giorno fa il presidente di Madrid Ignacio González aveva paragonato i contenuti del manifesto della Marcha por la Dignidad alle istanze del partito neonazista greco Alba Dorata. Ieri invece, proprio mentre la gente arrivava nelle piazze della capitale, il portavoce del Pp di Madrid, Salvador Victoria, affermava che la manifestazione è stata guidata da “estremisti di sinistra”.

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