Che i piani alti della Farnesina sapessero era fuori di dubbio. Ma degli insegnanti al nero nella rappresentanza culturale italiana a Bruxelles erano informati pure ministri e viceministri, insieme a un nutrito gruppo di eurodeputati e parlamentari di diverso colore politico, dal Pd a Scelta Civica. Nessuno però ha mosso un dito, finché la bomba è esplosa, compromettendo l’immagine dell’Italia nel salotto buono dell’Europa proprio alle porte del semestre italiano dell’Unione. Lo scandalo, raccontato dall’inchiesta del fattoquotidiano.it, ha intanto provocato i primi contraccolpi: poche ore dopo la pubblicazione l’ambasciatore italiano a Bruxelles Alfredo Bastianelli, su indicazione della Farnesina, ha “commissariato” l’Istituto italiano di Cultura che ha tenuto per anni i docenti a libro paga senza alcun contratto, spedendoli a insegnare persino alla Commissione e al Parlamento europeo. Nessuna ritenuta, niente tasse, zero contributi, anche per 10-15 anni di seguito. Le irregolarità contabili e amministrative impongono ora “un’attenta azione di riordino”, annuncia Bastianelli in una nota rivolta alla comunità che frequenta l’ente culturale presso il Consolato d’Italia. “Il ministero – spiega il diplomatico – mi ha chiesto di assumere direttamente la guida dell’Istituto fino alla nomina di un nuovo direttore, che dovrebbe avvenire nei prossimi mesi”. Cosa cambierà nel concreto, però, è tutto da vedere.

Non sarà facile ricomporre i cocci e fare in modo che tutti ne escano puliti. Da una parte si dovranno accertare le contestazioni mosse all’ultimo direttore, Federiga Bindi, non rinnovata dopo due anni di incarico a seguito di un’ispezione del Mef che ha rilevato presunte irregolarità nella gestione dell’Istituto. Dall’altra, si dovrà trovare una soluzione i docenti che la stessa Bindi era riuscita a regolarizzare – per la prima volta e dopo vari tentativi e resistenze da Roma – affidandoli a un’agenzia interinale. Non si sa ancora che fine faranno alla chiusura del semestre: se e come saranno inquadrati o congedati definitivamente senza troppi complimenti. L’ambasciatore è orientato ad adottare contratti di un anno rinnovabili una sola volta, una soluzione applicata anche altrove ma che gli interessati vedono come fumo negli occhi, la beffa finale: dopo anni a mandar già fiele pur di lavorare, si ritroverebbero con nulla in mano. Solo quei bonifici arrivati da un conto Monte Paschi. Prima avevano un lavoro ma non un contratto che lo dimostrasse, domani né l’uno né l’altro. E tutto per un perverso meccanismo a tenaglia: il ministero che evitava di sottoscrivere impegni scritti di qualsiasi tipo perché non accampassero pretese sull’amministrazione, l’Istituto che non rinunciava a utilizzarli per i corsi a pagamento che gli consentivano d’incassare corpose entrate senza gli oneri contributivi e fiscali, quindi a costi unitari ridottissimi.

Ma a distanza di tre giorni si scopre anche altro. Che, in realtà, molti a Roma erano al corrente della situazione. E hanno preferito tirar dritto, ignorando i segnali di fumo che si levavano da Bruxelles. A sapere non erano solo i piani intermedi del ministero che hanno in gestione gli Istituti di Cultura. Gli insegnanti, rassegnati a cambiare le cose da dentro, avevano infatti tentato di uscire allo scoperto segnalando la loro condizione di irregolari direttamente agli organi “politici” della Farnesina. E persino a parlamentari ed eurodeputati che consideravano potenzialmente sensibili alle istanze degli ultraprecari. Né gli uni né gli altri hanno hanno raccolto l’appello o mosso un dito. La vicenda è andata così. Il 28 gennaio 2014 il ministero dirama una nota che annuncia il siluramento della direttrice Bindi annunciando che l’incarico non sarà rinnovato “anche a seguito delle irregolarità contabili e amministrative” accertate nel corso di un ispezione del Mef una anno prima. Contratti irregolari, spese con carta di credito non rendicontate etc. Tutta roba ora al vaglio degli organi di controllo.

La voce girava da giorni e gli insegnanti, avendo ricevuto proprio dalla Bindi il primo contratto dopo anni di nero, si mobilitano per chiedere lumi e rassicurazioni. Il loro timore era che l’avvicendamento li facesse ripiombare alla condizione di “fantasmi” da cui erano emersi a fatica, in ultimo grazie a un contratto d’agenzia interinale. Proprio così. Alla “Smartbe” hanno brindato quando hanno visto entrare sia il datore che i lavoratori. “Lavoriamo per il ministero degli Esteri, non abbiamo un contratto”. L’unico servizio reso dall’intermediario è dunque quello di fornire una veste legale ai rapporti di lavoro già in essere e una specifica imputazione di spesa all’ente. Per questo Smartbe si prende il 6,5% del compenso degli insegnanti che – tra oneri, tasse, ritenute e commissioni d’agenzia – si vedono volar fuori dalla finestra il 51% della retribuzione tipo, da 2100 euro a soli 1.193. La paga oraria arriva a 20 euro nette. Così insegnanti specializzati, laureati, abilitati sono stati inquadrati e pagati come colf. Anche se sono impiegati presso un organismo del Ministero degli Affari Esteri e spediti a far lezione dentro le istituzioni europee. 

Fatto sta che il 15 gennaio gli insegnanti prendono l’indirizzario, disponibile all’Istituto, scrivono. La direttrice rimossa alla scadenza, sostengono, “si è fatta carico di cominciare a risolvere la questione di grave irregolarità in cui abbiamo lavorato in questi anni, senza contratto né riconoscimenti della nostra figura professionale, situazione che ancora non è stata definita – poiché è stata respinta la soluzione contrattuale individuata dalla professoressa Bindi e rifiutata dall’ambasciata – e necessita oramai di un urgente intervento del Ministero”. A chi avevano scritto, dunque, segnalando “la grave irregolarità in cui abbiamo lavorato in questi anni”? Non solo Emma Bonino ma anche il sottosegretario Mario Giro, il viceministro Marta Dassù, l’attuale vice ministro Lapo Pistelli. Insomma,  tutte le teste che contavano al numero uno di piazzale della Farnesina. E non solo. L’sos viene inviato anche ad alcuni onorevoli ed eurodeputati, scelti  forse perché ritenuti sensibili alle ragioni dei residenti all’estero o dei precari della scuola. In copia ci sono dunque i deputati Pd Marco Meloni, Francesco Sanna, il senatore Francesco Russo. L’ex eurodeputato Gianluca Susta, oggi capogruppo del partito di Monti. Ma anche i responsabili della rappresentanza italiana presso l’Unione europea, gli ambasciatori Stefano Sannino e Marco Peronaci. Insomma, forse non tutti, ma molti sapevano. Il 22 febbraio, infine, lo stesso messaggio viene spedito al nuovo ministro degli Esteri, Federica Mogherini. In mancanza di risposte viene perfino postato sulla sua bacheca Facebook. Ancora una volta, nessuna risposta. 

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