Rosneft, il colosso russo dell’energia, “programma l’emissione di obbligazioni per 66 miliardi di dollari“, scriveva martedì il quotidiano Kommersant solitamente molto vicino alle fonti del Cremlino. Subito dopo però la notizia è stata smentita dalla società per tramite di Reuters. Nel comunicato si dice semplicemente che non c’è una decisione in merito. Non si spiega però quale sarà la posizione del capo della compagnia statale, Igor Iavanovich Sechin, di fronte allo scadere ravvicinato (nelle prossime due settimane) di ben 11 bond che rischiano di dover richiedere un rimpiazzo decisamente caro vista la situazione in Crimea e le scintille tra gli schieramenti Est-Ovest.

La notizia e la smentita rendono l’idea dell’urgenza dei tempi. E della necessità di prendere decisioni rapide. Rosneft non può certo permettersi di ignorare possibili sanzioni. Almeno se dovessero diventare concrete. Così una mega emissione di bond prima di uno scontro militare potrebbe essere la soluzione più facile per parare i colpi sul breve periodo. Incassata una tale assicurazione, gli oligarchi russi potrebbero valutare con ‘serenità’ le mosse della partita a scacchi con l’Occidente.

Sul lungo periodo infatti le prospettive sembrano essere ben diverse. Per quanto riguarda Rosneft, senza contare le innumerevoli partnership, non si può non notare che dopo l’acquisizione di TNK-BP sia esposta verso le banche occidentali per circa cinquanta miliardi di dollari. Un debito così alto, che come accade in questi casi, l’eventualità di un qualunque default o di una crisi diventerebbe un problema del creditore. Ovvero dell’Occidente. La necessità di allargare la polizza assicurativa sul futuro dell’industria dell’energia russa (e degli oligarchi) non è sfuggita al Cremlino. Come si evince da una serie di mosse sostenute da Putin. L’obiettivo è da un lato alzare la voce in Crimea e dall’altro accelerare sul consolidamento di alcuni partner economici europei e sulla creazione di nuovi link.

Un terreno sul quale l’Italia si conferma estremamente ricettiva. Mentre la Commissione europea a parole annunciava la volontà di congelare i colloqui attorno al South Stream, il mega gasdotto nato proprio per bypassare l’Ucraina, e ribadiva l’illiceità degli accordi bilaterali tra Russia e alcuni Paesi di transito delle condotte, Gazprom dopo mesi di stand by decideva di imprimere una svolta al progetto. Ed ecco che a pochi giorni dall’occupazione della Crimea viene affidato all’italiana Saipem un appalto da 2 miliardi di euro per la costruzione della prima tratta. Nel consorzio il tricolore ha un ruolo fondamentale, ma vi partecipano anche i francesi di Edf e i tedeschi di Wintershall.

Dunque, la Ue potrà minacciare qualunque tipo di ritorsione contro la nuova autostrada del gas, ma i primi a fare orecchie da mercanti saranno i tre Paesi coinvolti. Chi rinuncerà a denaro in cambio di lavoro? Verosimilmente nessuno. Lo stesso si può dire quando in cambio di denaro sono le quote societarie a passare di mano. Dopo Inghilterra e Germania anche qui è il turno dell’Italia. Rosneft negli ultimi tre anni ha stretto accordi con Eni, Enel e Autogrill, per poi finalizzare due importanti acquisizioni. Lo scorso anno ha investito nella Saras dei Moratti. Ha preso un 21% del pacchetto azionario e a fine febbraio sono circolate voci di un possibile aumento della partecipazione. L’altro giorno invece a finire nel mirino del colosso russo è stato il 13% di Pirelli. I russi tramite un veicolo hanno investito, secondo indiscrezioni non smentite, 500 milioni di euro.

Noccioline per un gigante che in passato ha fatto operazioni da 55 miliardi (l’acquisto di Tnk-Bp che tra l’altro ha previsto anche la cessione del 20% di Rosneft a British Petroleum), ma non poca cosa se si usa il punto di vista del mercato asfittico italiano. Per non dimenticare che con l’operazione Pirelli, Rosneft fa anche un passo ulteriore verso il cuore di quello che è stato il capitalismo italiano. Indirettamente – la società di Tronchetti Provera è nel patto di sindacato – mette un piede dentro Mediobanca. Il principale salotto italiano. Niente che le consenta di prendere decisioni, ma sicuramente siamo di fronte a un evento simbolico. Fino a pochi anni fa impensabile. Adesso invece l’ingresso di capitali esteri fino dentro alle profondità della tradizione italica del capitalismo familiare è auspicato. Invogliato. Bene se darà effetti positivi. Ma di sicuro nella sostanza Putin si sarà assicurato l’amicizia europea. E quella italiana.

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