Mentre la ex ministra dello Sport, Josefa Idem si ritrova indagata per truffa aggravata per i contributi della sua pensione, Matteo Renzi annuncia riforme mirabolanti delle pensioni altrui. Prima di tagliare i privilegi però il premier dovrebbe chiarire perché la sua situazione pensionistica dovrebbe essere così diversa da quella dell’ex campionessa di canoa. L’ex ministra è a un passo dalla richiesta di rinvio a giudizio per una presunta marachella da 8 mila euro mentre il premier, per una situazione simile ma che è costata alla collettività una cifra di circa 300 mila euro, continua a non rendere conto a nessuno. Difficile non notare la disparità di trattamento: Josefa Idem, dopo le dimissioni presentate il 24 giugno 2013 per il mancato pagamento dell’Imu e dopo avere versato senza battere ciglio i 3 mila euro della multa, è stata prosciolta dall’accusa fiscale. Ma è indagata per una questione che ricorda molto quella scoperta dal Fatto su Renzi.

La Procura di Ravenna ha notificato all’ex ministro e al marito-allenatore Guglielmo Guerrini l’avviso di chiusura indagini previsto dall’articolo 415 bis che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Il reato contestato è la truffa, punita all’articolo 640 del codice penale con una pena da 1 a 5 anni. Secondo il pm Angela Scorza Idem avrebbe truffato il comune facendo leva sulla legge che impone all’ente pubblico (Comune, Provincia o Regione) di versare i contributi al posto del datore di lavoro precedente nel periodo in cui un dipendente viene eletto consigliere o nominato assessore e chiede l’aspettativa. Questa norma rappresenta una conquista della sinistra codificata nello Statuto dei Lavoratori ma spesso è usata in modo furbo dai politici. L’ex assessore allo Sport di Ravenna Idem è accusata dal pm di truffa per 8mila e 642 euro, quelli versati dal Comune al posto dell’associazione sportiva del marito che l’aveva assunta poco prima della nomina. Idem è indagata per i contributi versati dal Comune durante i 183 giorni lavorativi da assessore, dal 10 giugno 2006 al 7 maggio 2007, giorno in cui, per ragioni familiari, si dimise.

Renzi invece pontifica indisturbato sulle pensioni altrui anche se la provincia e il comune di Firenze gli hanno versato i contributi (da dirigente e quindi ben più elevati di quelli da semplice dipendente della Idem) per poco meno di 10 anni. Josefa Idem si era fatta assumere dall’associazione sportiva del marito 16 giorni prima l’accettazione dell’incarico da assessore, offerto alcuni giorni prima. Renzi, invece, come abbiamo raccontato sul Fatto , si è fatto assumere dalla società Chil della famiglia un giorno prima l’annuncio da parte della Margherita della sua candidatura a presidente della Provincia.

Fino a 10 giorni prima dell’assunzione, avvenuta il 27 ottobre 2013, Matteo Renzi era socio con una quota del 40 per cento della Chil Srl. All’atto di cessione delle quote si dichiara ‘libero professionista’, perché era un mero co.co.co. non un dirigente. Matteo e la sorella Benedetta quel giorno cedono le quote alla mamma e al babbo e solo a quel punto, quando Renzi è pronto a candidarsi alla presidenza della provincia con garanzia quasi matematica di elezione, i genitori decidono di assumerlo. Per 7 mesi e mezzo, fino all’elezione nel giugno 2004, Chil paga i contributi poi il peso della pensione, del tfr e dell’assistenza di Renzi passa sulle spalle dei contribuenti fiorentini.

Grazie all’assunzione nella Chil, Renzi si è fatto versare una massa enorme di contributi, se confrontati con quelli di Josefa Idem. Altro che i miseri 8 mila e 600 euro dei ravennati, i fiorentini hanno pagato fino al mese scorso ben 3 mila e 240 euro al mese per i contributi di Matteo Renzi. Alla fine del 2010, quando l’azienda della Chil Post con Matteo Renzi in aspettativa, passa alla Eventi 6, nel prospetto dei Trattamenti Fine Rapporto accumulati per Renzi c’è già un tfr di 28 mila e 326 euro. Grazie a un’interrogazione del consigliere di Fratelli d’Italia Francesco Torselli si è scoperto che il sindaco è rientrato al lavoro in azienda tre giorni dal 22 al 24 giugno del 2009, e si è messo in ferie. Si è scoperto poi che la Eventi 6 della famiglia Renzi, dopo il 2010, ha accumulato ulteriori versamenti per il TFR del dirigente in aspettativa Matteo Renzi per circa 15 mila euro. A oggi quindi Matteo Renzi può contare su un TFR di circa 40 mila euro nell’azienda di famiglia che solo per sette mensilità, dalla data della sua assunzione (coeva alla candidatura blindata) è stato pagato dalla famiglia Renzi mentre per i restanti 9 anni e mezzo è stato pagato dalla Provincia e dal Comune di Firenze Nella risposta all’interrogazione il vicesindaco Lorella Saccardo ammette: “Se al momento dell’assegnazione della carica, fosse stato occupato con un rapporto di co. co. co. (come era fino al 27 ottobre 2003, ndr) il dottor Matteo Renzi non avrebbe avuto diritto ai contributi figurativi”. Forse Renzi, a prescindere dalla Idem, dalle indagini su di lui che non ci sono e mai ci saranno visto l’atteggiamento della Procura e della Corte dei Conti di Firenze, potrebbe considerare l’ipotesi di rinunciare ai contributi. E magari a restituire il Tfr pagato dai contribuenti. Perché chiedere sacrifici ai pensionati quando si sono agguantati così l’anzianità contributiva e il Tfr, magari non sarà una truffa ma di certo è un’ingiustizia.

aggiornato alle 15 del 20 marzo 2014

Articolo Precedente

Calcio, a rischio il sogno di Diamanti in Cina. Il Guangzhou verso il fallimento

next
Articolo Successivo

Stragi naziste, tre ergastoli per gli eccidi del 1944 sull’Appennino tosco-emiliano

next