Tagli, tagli, tagli. Complessivamente, secondo le bozze circolate, il commissario alla spending review Carlo Cottarelli venerdì 14 marzo si è presentato a Palazzo Chigi con un elenco di 33 voci e cinque capitoli di spesa. In molti casi il commissario è ripartito dal lavoro già intrapreso dai suoi predecessori, Pietro Giarda ed Enrico Bondi. Per esempio nella voce che riguarda i consumi energetici e l’illuminazione delle aree pubbliche, con l’operazione che Bondi aveva soprannominato Cieli bui e da cui nel 2012 si puntavano a recuperare 500 milioni di euro a regime. Il primo capitolo dell’ex capo degli Affari fiscali del Fmi riguarda invece l’efficientamento diretto della pubblica amministrazione, da cui ottenere, anche grazie al lavoro della Consip, 2,2 miliardi quest’anno (dei 7 teorici complessivi nei 12 mesi), 5,2 miliardi nel 2015, fino ai 12,1 del 2016. Per il 2014, sono previsti 800 milioni da beni e servizi, 200 milioni dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici, 100 milioni dalla riduzione delle consulenze e delle auto blu, 500 milioni dal taglio dei dirigenti della pubblica amministrazione, 100 milioni dai corsi di formazione, 100 appunto dall’illuminazione pubblica, 400 da altre proposte da gruppi ministeriali.

PROVINCE, ENTI PUBBLICI, SINERGIE. Il secondo capitolo riguarda invece le riorganizzazioni: delle province (100 milioni quest’anno) e delle spese degli enti pubblici (altri 100 milioni). Dello stesso ramo fanno parte anche le sinergie tra i corpi di polizia, la digitalizzazione, le prefetture, i vigili del fuoco, le comunità montane, che però cominceranno a dare i loro frutti nel 2015. Dal ridimensionamento dei costi della politica (Comuni, Regioni e finanziamento ai partiti, oltre a organi costituzionali), Cottarelli punta ad ottenere 400 milioni quest’anno. Dalla riduzione dei trasferimenti inefficienti, quarto capitolo, potrebbero invece arrivare 2 miliardi (1,4 miliardi dalla riorganizzazione dei trasferimenti statali e regionali alle imprese, 300 milioni dai trasferimenti alle ferrovie, 100 dalle partecipate locali del trasporto pubblico, 200 dai microstanziamenti vari). Ci sono infine 2,2 miliardi di spese settoriali, quelle in cui il commissario ha inserito anche le pensioni, che però sono oggetto di tensione con il presidente del consiglio che non ne vuol sapere.

I RISPARMI GIA’ UTILIZZATI. E trovare la quadratura del cerchio non sarà facile. Anche perché le risorse devono ancora tutte arrivare, ma la spending review a cui il governo ha affidato le coperture del taglio del cuneo fiscale, è un bacino a cui si è già attinto. L’esecutivo di Renzi non è il primo infatti ad affidarsi alle risorse derivanti dai tagli della spesa a cui sta lavorando da mesi il supercommissario Cottarelli. Così, dei circa 34 miliardi a cui si tende come obiettivo al 2016, 13,7 miliardi sono in realtà già stati destinati. Altri ancora sono stati impegnati anche per il 2017 e il 2018, sempre che nuovi provvedimenti legislativi non intervengano a rimodulare i saldi.

La spending è infatti stata utilizzata in parte dalla legge di Stabilità, come esemplifica un rapporto del servizio del bilancio del Senato. Il comma 427 dell’articolo 1 della legge, poi modificato negli importi dall’articolo 2 del decreto legge sul rientro dei capitali di gennaio scorso, prevede l’adozione, sulla base dell’attività e delle proposte del Commissario straordinario, di misure di razionalizzazione e di revisione della spesa “tali da assicurare una riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche non inferiore a 0,49 miliardi di euro nel 2014, 1,37 miliardi nel 2015, 1,87 miliardi in ciascuno degli anni 2016 e 2017, e 1,19 miliardi a decorrere dal 2018”.

Il comma 430 della stessa legge di Stabilità dispone anche però che entro il 15 gennaio 2015 vengano disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi per il 2017, “qualora entro il primo gennaio 2015 non siano approvati provvedimenti normativi che assicurino, in tutto o in parte, i predetti importi attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di minori spese mediante misure di razionalizzazione e revisione della spesa”. In pratica, quando il governo Letta ha deciso di evitare il taglio delle detrazioni fiscali previsto dalla manovra 2014, ha anche deciso di trovarne copertura nella spending review, con la clausola che se i tagli non saranno sufficienti sarà necessario sopperire con un aumento delle aliquote e delle accise o con una, a quel punto inevitabile, stretta sulle detrazioni (quindi con un aumento delle tasse).

In totale dunque le risorse già impegnate ammontano a 490 milioni per il 2014 (sui 7 miliardi totali previsti), 4,37 miliardi per il 2015 (sui 18 delle slide di Cottarelli), 8,87 per il 2016 (sui 34 cumulativi strutturali), 11,87 per il 2017, 1,19 per il 2018. Una possibile soluzione potrebbe arrivare dalla delega fiscale, che prevede una riorganizzazione complessiva di agevolazioni e detrazioni, ma si tratta in ogni caso di una bella gatta da pelare, considerando che il governo dovrà anche compensare i contributi dalle pensioni previsti da Cottarelli ed esclusi categoricamente da Renzi. Il commissario aveva stimato per quest’anno un possibile apporto temporaneo di 1,4 miliardi. Risorse che ora l’esecutivo dovrà reperire altrove.

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