There’s never been anything like this. 
Love Canal, Times Beach — they involved moving people away, 
declaring the places Superfund sites, 
doing a little bioremediation and putting up fences. 
Nothing ever got really decontaminated. 
But there’s going to be full cleanup here,
and people will be able to move back to their homes. 

Danny Larson, sulla eccezionalita’ dell’evento ad Avila.

I petrolieri contaminano una città
la demoliscono, e poi la ricostruiscono.

Avila Beach è una piccola cittadina sul mare a metà strada tra San Francisco e Los Angeles, in California.

Nel 1989 un residente che faceva dei lavori nel suo scantinato trovò delle fuoriuscite di greggio in casa sua. Chiamò le autorità, fecero delle analisi e venne fuori che voilà – petrolio, benzina, carburante diesel e Mtbe  avevano letteralmente sommerso terreni e spiaggia in tutta Avila a causa di perdite da un vicino, enorme, complesso di cisterne di stoccaggio e dagli oleodotti associati. Le cisterne erano state costruite nel 1906 dall’Union Oil, ottanta anni prima, su una collina non distante da Avila. Da qui, petrolio e prodotti raffinati venivano pompati su navi pronte a salpare i mari al ritmo di 8 milioni di litri al giorno. Le tubature attraversavano il centro cittadino di Avila. Si scoprì che nel corso degli anni circa 1.600.000 litri di petrolio erano stati dispersi nell’ambiente. La Union Oil, detta Unocal e ora diventata parte di Chevron, non si era accorta di niente per decenni e decenni.

Si decise di passare ad azioni legali contro la Unocal. Si riunirono vari gruppi di cittadini di Avila, il Communities for a Better Environment di San Francisco e l’Environmental Defense Fund che denunciarono la Unocal per violazioni alla Prop 65, l’ormai famosa legge californiana che impone la notifica del rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente da parte degli inquinatori e il divieto di inquinare l’acqua potabile. Più tardi, anche lo State attorney general e la contea di San Luis Obispo parteciparono alla causa. E così, timorosa di perdere la causa, la Unocal accettò volontariamente di pagare il ripristino ambientale di Avila.

Danny Larson, uno degli attivisti dell’epoca, disse che era la prima volta che succedeva una cosa del genere e cioè che la città sarebbe stata ripulita. There’s never been anything like this.  Love Canal, Times Beach – they involved moving people away, declaring the places Superfund sites, doing a little bioremediation and putting up fences. Nothing ever got really decontaminated. But there’s going to be full cleanup here, and people will be able to move back to their homes.

Ma come fare per togliere la melma petrolifera che aveva intaccato case, sottosuolo e falde acquifere? All’inizio la Unocal aveva pensato di pompare aria e sostanze nutritive nel suolo in modo da accelerare la crescita di microbe, la cui digestione di petrolio avrebbe eliminato il problema. Sarebbe stata una soluzione “gentile ed efficace”. Ma gli esperti conclusero che ci sarebbe voluto troppo tempo. E così si passò allo scavo diretto per la rimozione dei terreni inquinati.

Fu un lavoro mastodontico, che in molti casi significò che le case dovettero essere rase al suolo. E infatti, la maggior parte di Avila fu distrutta perché non c’erano altri modi di procedere. Le ruspe portarono via quasi 300mila metri cubi di terreno, tutti i negozi furono chiusi e molti semplicemente se ne andarono. Alla fine vennero distrutti tutto il business district e sei isolati di case private. Molti tornarono, ma non tutti. Le strutture ritenute più belle e storiche – negli Usa questo è relativo – vennero invece prese, spostate su camion apposta, e poi rimesse al loro posto, come il supermercato Avila Groceries e lo Yacht Club sul mare.

La Unocal pagò circa 200 milioni di dollari dell’epoca, circa 400 milioni di adesso. E poi la città venne ricostruita. Si decise di usare l’occasione per renderla più attraente e più aperta ai turisti. Oggi è un piccolo gioiello sul mare. I soldi avanzati dai fondi versati dalla Unocal sono stati investiti su progetti ambientali e il ricavato, ancora oggi, viene usato per progetti di abbellimento della città e per agevolare costruzioni di case per i meno abbienti.

E il sito delle taniche di stoccaggio da dove partirono tutti gli inquinanti? Le cisterne sono state smantellate ed il sito stesso ripulito. Ci hanno anche fatto degli scavi di suppellettili degli indiani Chumash. Per anni il sito è rimasto chiuso al pubblico, ma adesso, 25 anni dopo, ci sono dei progetti per costruirci un complesso turistico da 95 cottages per visitatori, con terme, ristoranti ed anfiteatro all’aperto, approfittando delle viste maestose sul mare di Avila. La gente vorrebbe un parco a ricordare il disastro invece.

I proponenti del complesso turistico promettono che saranno rispettosi della natura, della vista, della storia, del sito. Dicono che lasceranno il 60% del sito aperto al pubblico con sentieri e piccoli parchi. I proponenti del progetto? I titolari originari del terreno, il lupus in fabula. La Chevron.

Qui le foto di Avila Beach, prima, durante e dopo la demolizione da petrolio

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