Libertà di coscienza e di voto sul fine vita nel Regno Unito. Entro quattro mesi la House of Lords, e cioè la Camera alta del parlamento britannico, sarà chiamata a decidere su una legge proposta dal Labour ma che anche il partito conservatore e quello liberaldemocratico, che formano il governo di coalizione, potrebbero appoggiare in forze. Tutto questo nonostante l’opposizione del primo ministro David Cameron e del suo vice Nick Clegg. I quali, tuttavia, hanno lasciato libertà di voto ai propri parlamentari. Basata sul modello della legge in vigore nell’Oregon, negli Stati Uniti, la nuova norma consentirà ai pazienti con meno di sei mesi di vita di assumere – o di farsi iniettare, nel caso di impossibilità a deglutire – un mix letale di medicinali. Il paziente, chiaramente, dovrà essere d’accordo e la procedura dovrà essere approvata da due medici diversi non in contatto fra loro. Ma ora le associazioni per la difesa della vita e la Chiesa d’Inghilterra attaccano: “Questa legge metterebbe a rischio la vita delle persone più vulnerabili, magari depresse o confuse. E c’è il rischio che un paziente decida di morire per le pressioni provenienti dalla famiglia”.

Intanto, il sottosegretario con delega alla Cura dei disabili e degli anziani Norman Lamb, liberaldemocratico, fa sapere che sicuramente voterà a favore della norma. “Lo Stato non deve mettersi in mezzo quando qualcuno decide di volerla fare finita”, ha detto Lamb, ricevendo il plauso di molti parlamentari e lord di ogni partito ed età. Proposta per la prima volta da Lord Falconer, ex ministro laburista, la legge si differenzierà tuttavia da quella belga che, approvata dal parlamento lo scorso mese, consente il suicidio assistito anche ai minorenni. La decisione di Bruxelles ha fatto tanto discutere nel Regno Unito, dove recenti casi di cronaca hanno portato alla ribalta “omicidi compassionevoli” commessi da partner esausti oppure “gite della morte” di malati britannici in viaggio verso le cliniche svizzere che praticano il suicidio assistito. Secondo il Suicide Act del 1961, chi aiuta una persona che vuole morire rischia da uno a 14 anni di carcere, anche se alcune linee-guida ministeriali di quattro anni fa hanno consigliato vivamente di non processare chi si sia macchiato di questa colpa. E infatti, negli ultimi quattro anni, nel Regno Unito, novanta casi sono stati esaminati ma nessuno è stato condannato.

Nel mondo, leggi simili a quella che potrebbe essere approvata in Gran Bretagna sono operative in Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania, Svezia, Svizzera, Colombia e, negli Stati Uniti, in Oregon, Washington e Montana. Ogni ordinamento, tuttavia, prevede regole ben definite. Nel caso della Svizzera, ad esempio, il medico deve informare il paziente sulle alternative. Un paziente che deve essere sempre cosciente a se stesso e in grado di intendere e volere. Vietate, chiaramente, le motivazioni spinte da ragioni “egoistiche”, come per esempio il prezzo spesso esoso delle cure o l’incapacità di lavorare di chi deve assistere un malato terminale. L’Italia, che ha una delle leggi più restrittive in ambito europeo, prevede dai sei ai quindici anni di carcere per chi pratica quello che il codice penale (articolo 579) chiama “omicidio del consenziente”. Anche il suicidio assistito è un reato, così come da articolo 580 del codice penale, chiamato “istigazione o aiuto al suicidio”.

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