“Il dato che Pavia sarebbe prima per numero di macchinette secondo me è positivo, perché vuol dire che le macchinette sono in regola, a differenza di quanto avviene in altre città”. Così diceva nel 2012 Giovanni Demaria, il consigliere comunale della cittadina lombarda eletto tra le file di Rinnoviamo Pavia, lista civica a sostegno dell’uomo del centrodestra Alessandro Cattaneo, e già ricandidato con Forza Italia alle prossime amministrative. Sempre a fianco dello stesso primo cittadino. Tutto bene se non fosse che Demaria è dipendente della Royal Games, azienda leader nel settore delle slot machine a Pavia e nel nord Italia di Christian Bernardi. E la città detiene il record nazionale di numero di slot e vlt (una ogni 104 abitanti) e di spesa procapite per il gioco (3mila euro all’anno contro i 1200 di media nazionale). Nel capoluogo lombardo il gioco, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, è diventata una vera e propria emergenza sociale con famiglie sul lastrico, usurai e tentativi di suicidio.

Cattaneo, vicepresidente dell’Anci, è l’alter ego a destra di Matteo Renzi e ha risposto alla rottamazione con lo slogan “rottamiamo il Pdl”. Promotore di varie iniziative antislot, offre anche duemila euro ai gestori che decidono di togliere le macchinette. Un incentivo allettante? Per niente. Al questionario sottoposto ai gestori dalla Casa del giovane – che si occupa di dipendenze inclusa quella dal gioco compulsivo, ndr – per sondare l’interesse della proposta, hanno risposto in 77 (su 136) e il 74 per cento di loro vorrebbe almeno 4mila euro. Soltanto il 18 per cento, invece, ritiene giusto il compenso proposto dall’amministrazione locale. Cattaneo ammette che la proposta non ha avuto il successo sperato (“Hanno accettato una decina di gestori su circa 150, ma i fondi erano quelli e siamo stati i primi in Italia a proporre un provvedimento simile”, dice) e non ritiene che sia “imbarazzante” avere “in lista un dipendente della Royal Games“. “Noi dialoghiamo con Confindustria gioco – dice – Sappiamo che le regole vanno cambiate su base nazionale e non locale, ma non bisogna creare contrapposizione”.

Come il sindaco, anche Demaria non vede nessun problema etico o politico a ricandidarsi al secondo mandato, nonostante i dati allarmanti relativi al gioco nella sua città e i preoccupanti risvolti umani e sociali. “Sì, sono ancora impiegato alla Royal Games – conferma – Il problema c’è qui come nelle altre città, da Genova a Cagliari. Perché da noi la spesa procapite risulta più alta? Perché non ci sono macchinette illegali, a differenza delle altre parti d’Italia. Quindi le slot non sfuggono ai ‘censimenti’ dello Stato. I miliardi che vanno ai Monopoli sono soldi sottratti alla criminalità”. Quindi neanche l’ombra del conflitto di interesse. “Se ragioniamo così anche i tabaccai e i baristi non potrebbero fare politica, visto che sia le sigarette che gli alcolici fanno morti”. Il suo datore di lavoro, Bernardi, cosa dice della sua attività di consigliere? “Non gliene frega niente”. E pensare di continuare l’attività politica e di lasciare la Royal Games? “E chi dà da mangiare ai miei figli? Poi mi piace fare politica e non ho mai messo bocca sui provvedimenti antislot del Comune di Pavia”. Ma quello sull’incentivo di soli duemila euro? Visto che conosce il mercato e le rendite da slot, non poteva contribuire a formulare una proposta migliore? “Non l’ho fatto, altrimenti mi avrebbero accusato di essere in conflitto di interessi”. 

Intanto Cattaneo pensa alla campagna elettorale . Di lui il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani dice: “E’ giovane, bravo e intraprendente, uno dei gioielli di famiglia di Forza Italia”, che “ha contribuito coi fatti al rilancio di Pavia”, città dalle “sane tradizioni”. Sarà, ma negli ultimi anni il capoluogo è salito agli onori delle cronache per il processo Infinito sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, che in primo grado ha condannato a 13 anni l’ex dirigente della Asl di Pavia, Carlo Chiriaco. Amico di politici e boss insospettabili, come Pino Neri, ritenuto il capo della locale di Pavia, ma che prima di essere un mafioso è un rispettato avvocato tributarista. Per lui condanna a 18 anni. Al di là delle vicende giudiziarie, a sentire chi si occupa di ludopatia a Pavia le tradizioni “sane” sono un ricordo e gli addetti ai lavori denunciano la disperazione crescente e le situazioni di difficoltà di diverse famiglie pavesi, dove in città e in provincia le slot si bevono stipendi e risparmi.

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