Trentadue ore di sciopero e un presidio davanti ai cancelli dell’azienda per ribadire la preoccupazione sul proprio futuro occupazionale. Ci sono praticamente tutti i lavoratori della Limoni spa, la più grande catena italiana di profumerie, ad occupare di prima mattina la piazzola antistante lo storico stabilimento di Bentivoglio, ad una quindicina di chilometri da Bologna. La situazione è critica oramai da un anno. Nel giugno 2013 la paventata procedura di licenziamento per 120 dipendenti finita con il trasferimento di 20 di loro nella sede di Milano e altri 60 in cassa integrazione straordinaria. Una riorganizzazione pesantissima dopo le travagliate vicende giudiziarie dell’ex patron e fondatore Piofrancesco Borghetti e l’ingresso al vertice dell’azienda, tra il 2011 e il 2012, del fondo britannico Bridgepoint e poi di Orlando Italy.

“La riunione con l’azienda dello scorso 28 febbraio ha dato esito negativo”, ha spiegato Silvia Balestri di Fisascat Cisl che con Filcams Cgil e Uiltucs Uil hanno organizzato lo sciopero, “lo scorso agosto Limoni spa aveva sottoscritto accordi anche in sede istituzionale dove si impegnava a mantenere comunque un presidio nel territorio bolognese, ma dopo sei mesi non ha dato nessuna garanzia in merito al proseguimento dell’attività lavorativa su Bologna”. Il timore per i dipendenti bolognesi, praticamente tutti con funzioni amministrative e commerciali, è la ventilata ipotesi di trasferimento in massa a Grosseto, poiché a seguito di un accordo commerciale con l’azienda Gardenia che subentrerebbe nella gestione, Limoni ha dichiarato che non è ipotizzabile il mantenimento di due sedi: Grosseto e soprattutto quella storica di Bentivoglio.

“Ci sentiamo pedine di un gioco più grande di noi”, spiega una dipendente con 15 anni di lavoro alle spalle, “fino al 2012 all’interno dell’azienda pareva esserci un futuro, ora manca la voglia di continuare. E’ stato inserito perfino un nuovo sistema gestionale per il quale non siamo nemmeno stati formati. Se le intenzioni dell’azienda fossero di trasferirci a Grosseto, cosa che dubitiamo, come faremmo a spostarci in massa con famiglie e figli al seguito?”. I foschi presagi sulla predefinita dismissione fisica dello stabilimento di Bentivoglio sono riassunte nelle parole di Aldo Giammella della Uiltucs Uil: “Il contratto d’affitto di questo immobile in zona industriale scade a fine marzo ed è stato appena prorogato a fine giugno 2014. Quale futuro ci sarà per questi lavoratori?”.

La richiesta dei sindacati è di attivare un tavolo di salvaguardia con la Provincia di Bologna che a luglio scorso ha fatto un buon lavoro per tamponare l’emorragia: “Attenzione però”, prosegue Giammella, “a brevissimo ci sarà un incontro nazionale per la situazione critica dei punti vendita Limoni dislocati nella più grandi città italiane. C’è da valutare un piano di chiusura progressiva di un quarto dei negozi con cassa integrazione a zero ore e contratti di solidarietà. Solo a Bologna ci sono tre punti vendita e circa 50 dipendenti in ballo”. Anche per questo è molto probabile che il presidio davanti alla sede di Bentivoglio si trasformerà nelle prossime ore e giorni in un tour di protesta davanti ai negozi Limoni di Bologna.

L’azienda dal canto suo ha provato a rassicurare i dipendenti attraverso un comunicato: “Il futuro del polo bolognese ‘non è definito’ – viene spiegato nella nota – ed è impossibile conoscerne l’evoluzione poiché, come specificato più volte durante gli incontri con le organizzazioni sindacali, tale evoluzione dipenderà esclusivamente da analisi organizzative e tecniche le cui finalità sono il miglioramento dei processi operativi, delle risultanze economiche della società e della massimizzazione dei livelli occupazionali di tutte le società coinvolte nel processo di riorganizzazione“.

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