Se a rivelarlo non fosse stato un autorevole giurista, artefice della legge elettorale in discussione come Roberto D’Alimonte, sembrerebbe tutto incredibile. Visto però che l’accusa riguarda Giorgio Napolitano e considerati i precedenti, appare assai verosimile che il capo dello Stato si sia reso protagonista di una nuova e questa volta intollerabile interferenza. Dice il professor D’Alimonte che a gennaio Renzi e Berlusconi avrebbero trovato un accordo sul modello elettorale spagnolo, ma che l’uomo del Colle avrebbe posto il suo veto considerando quel sistema “troppo maggioritario e distorsivo”.

Ora, a prescindere dalla bontà di questa o quella legge, con quale diritto Napolitano decide lui come gli italiani debbano votare, sostituendosi ai partiti e al Parlamento, ignorando la distinzione dei poteri di quella Costituzione di cui dovrebbe essere il garante? Che il Quirinale debba tenersi a debita distanza dai processi decisionali delle Camere era stato lo stesso presidente a ribadirlo proprio l’altroieri, bollando come “fuorviante” qualsiasi suo commento sull’Italicum prima della promulgazione, si capisce, “dopo attento esame”.

Alla luce di quanto si è appreso, quella sorta di monito era una presa in giro. Non si sa più cosa sia peggio: se la falsa novità del leader fiorentino che (come certifica D’Alimonte) si fa dettare la linea dal plurindagato Verdini al servizio del pregiudicato Berlusconi; o la triste dittatura di un signore di 88 anni, che fa e disfa a suo piacimento, contando sul silenzio di una politica codarda.

Il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2014

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