E’ in atto da tempo contro le donne una pesante azione di “annullamento del diritto” dovuto soprattutto agli effetti della non applicazione delle leggi che ne dovrebbero salvaguardare la salute. Nel nostro paese  aumentano  le pratiche illegali di violazione della legge 194 per scopi speculativi, quindi il numero degli aborti non sicuri, quelli effettuati nel privato. Cresce e si estende l’obiezione di coscienza quale comportamento opportunistico dei ginecologi, in maniera clamorosa al sud, rendendo indisponibile alle donne l’accesso ai loro diritti. In più le donne come tutti gli altri cittadini, sono penalizzate dagli effetti regressivi dei tagli lineari, del blocco del turn over, della riduzione dei servizi, dal definanziamento sanitario più in generale. Le donne sono colpite due volte, dagli effetti devastanti dell’uso improprio e opportunistico dell’obiezione di coscienza e dagli effetti non meno devastanti dell’impoverimento dei servizi.

Sull’interruzione volontaria di gravidanza si allungano le liste d’attesa, resta relativamente alto il numero di settimane di gravidanza in cui è consentita l’interruzione, si fa sempre più ricorso all’aborto terapeutico, crescono le complicazioni cliniche  importanti, si respingono le richieste di aiuto delle donne. Alla fine tutto concorre in modo silenzioso e inesorabile allo spegnimento del diritto alla maternità libera e consapevole. Ormai il sottodimensionamento dei consultori è clamoroso e con l’aria che tira è difficile sperare in una loro riorganizzazione.

Per mandare un segnale alla vigilia dell’8 marzo le donne della XII Commissione Affari sociali della Camera hanno voluto rendere omaggio alle italiane, sfornando una risoluzione riguardo alla relazione presentata in Parlamento sullo stato di attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza. La relazione fu presentata al Parlamento dalla ministra Lorenzin a settembre dello scorso anno e che, nonostante le edulcorazioni e le interpretazioni discutibili della ministra, ci fornì un quadro davvero allarmante della situazione, con dati inequivocabilmente drammatici che (ricordo il dibattito che ne seguì) pose a tutti noi l’urgenza di un intervento politico tempestivo.

Da allora sono passati 7 mesi e non è stato fatto praticamente nulla. L’unica azione concreta è stata quella di istituire un tavolo tecnico per studiare i problemi. In questa risoluzione rivolta tanto al governo quanto alle Regioni, si dice che si resta in attesa dei risultati del tavolo tecnico. Questo è l’omaggio delle donne in Parlamento alle donne italiane. Si dirà che il Parlamento non ha poteri, che i poteri veri sono delle Regioni, e a seguire del governo… ed è così, ma se è così e il Parlamento vuole comunque far sentire la sua voce perché non fare della risoluzione un atto veramente politico, cioè perché prenderci tutti in giro con un pezzo di carta  di circostanza? Le Regioni che sono le principali responsabili politiche del disastro ivg (ma non solo) come è noto si possono commissariare se sono in disavanzo, ma non se distruggono dei diritti. Esse si possono obbligare ai piani di rientro ma non si possono obbligare a riorganizzare i servizi per rientrare dalle loro pratiche contro i diritti obbligandole a trovare i soldi laddove ci sono vale a dire nelle pieghe delle loro estese diseconomie.

Ma allora perché la XII commissione della Camera nella sua risoluzione non ha proposto anche se in modo simbolico che da subito e in modo tassativo le Regioni si attengano ai loro doveri istituzionali pena il loro commissariamento? Per quelle regioni che hanno più dell’80% di obiettori di coscienza  perché non proporre di nominare dei commissari ad acta che garantiscano i diritti delle donne? Oggi le donne sono vittime tanto dell'”abiezione quanto “dell’obiezione”: esse  sono sempre più “gettate fuori”(abjicere) dai loro diritti, perché qualcuno “getta” loro contro(obJicere) degli ostacoli e degli impedimenti. In questi anni “abiezione” e “obiezione” sono costantemente cresciute in modo direttamente proporzionale: l’abiezione con cui il servizio pubblico che non c’è respinge le donne, l’obiezione ci dice che se  il tasso di abortività nel pubblico è basso e perché  l’ivg si fa per la maggior parte dei casi nel privato. Le risoluzioni  delle donne in Parlamento contro l’abiezione e l’obiezione lasciano il tempo che trovano. Ci vuole ben altro.

Articolo Precedente

Sesso e minori, care ragazze non sentitevi in colpa

next
Articolo Successivo

Festa della donna: per una prescrizione che faccia giustizia dei reati sulle donne

next