Per qualche strano motivo, da quando una donna incinta è stata nominata ministra, la parola “gravida” ha iniziato a fare rima con gravosa. Il caso di Marianna Madia, suo malgrado, è diventato tanto interessante quanto il suo stato. Così interessante da rendere doverosa una riflessione: se tutti i media dedicano più spazio a una donna incinta che diventa ministra, piuttosto che a una donna incinta che diventa disoccupata, c’è un problema.

La mia riflessione racconta di tutte quelle gravidanze davvero gravose, che nulla hanno a che fare con la neo ministra e i suoi illustri predecenti. Sono le gravidanze silenziose vissute la mattina presto tra una metro affollata e un autobus che non arriva mai, tra un cartellino da timbrare e un asilo che non ti accoglie, tra un contratto a progetto e una maternità senza alcun progetto. Sono le gravidanze che incontro nel mio blog, www.genitoriprecari.it, quelle vissute fuori casa dalla mattina alla sera, con i progressi di un figlio raccontati dagli occhi di un’altra, che se lo godrà più di te.

Sono le gravidanza precarie, quelle dai mille lavori e dai mille euro al mese, quelle senza nonni e senza baby sitter, quelle senza titoli sui giornali, quelle che scaldi il pasto la mattina presto, anzi i pasti, perché già sai che rincaserai troppi tardi. Sono le gravidanze banali, di chi si da il cambio tra mamma e papà, come in una staffetta in cui ti eri illusa che avreste corso in tre. E invece, per necessità di tempo e lavoro, tutti e tre in casa non ci starete mai. Le gravidanze di chi rivendica non solo il diritto alla maternità garantita, ma persino il più banale e fisiologico diritto ad avare la pancia subito dopo il parto. Già, perché tra super star, super attrici e super veline, più neanche questo ci è concesso. E i modelli che arrivano dell’esterno, su tutte noi mamme banali, hanno delle ricadute. Un po’ come è stato per le famigerate immagini della parlamentare europea Licia Ronzulli , che volevano farci credere quanto è possibile per una neo mamma conciliare vita e impegni. Peccato che nella vita reale è categoricamente escluso che una donna possa portare il figlio sul posto di lavoro.

E allora non domandatevi se Marianna Madia ce la farà. Lei per sua fortuna ce la farà: avrà vantaggi e privilegi, un autista e più tate che la seguiranno ovunque, tanto da riuscire a godersi figlio e lavoro. Perché nell’assurdo gioco delle privazioni, rinuncia chi non ha, mentre chi ha può anche comprarsi il diritto a stare con i proprio figli. Domandatevi, invece, se ce la faranno le gravidanza precarie e banali e quale sarà il peso sociale di una donna licenziata perché incinta, nel paese che ha nominato una ministra incinta.

Il problema reale non è Marianna Madia ministra incinta, perché nel resto d’Europa questo non scandalizza nessuno. Il problema è che nel nostro pezzo d’Europa, non scandalizza tutto il resto. L’unica verità che la storia di Marianna Madia forse ci insegna è che, se dovesse tornare a lavoro subito dopo il parto, ci troveremo di fronte all’ennesima delegittimazione del diritto alla maternità: non la sua, ma quelle delle donne banali. Per loro non ci sarà il diritto a comprare il tempo speso con i propri figli, ma solo il paragone insostenibile con donne che possono tutto solo perché hanno tutto.

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