Metodi partitocratici, rigide logiche di appartenenza, sistema correntizio, serrata difesa dei privilegi, strane anomalie, logica da casta. Suona come un vero e proprio atto d’accusa il manifesto di “Altra proposta”, un comitato di scopo sorto grazie alla buona volontà di un folto gruppo di magistrati di tutta Italia di voler cambiare le regole di rappresentanza del Csm, l’organo di autogoverno della professione.

Gli associati di “Altra proposta” fin dalla loro nascita hanno denunciato con chiarezza come : “Si è diffusa una crescente disaffezione dei magistrati per ogni attività e partecipazione collettiva, a causa della perdita della concreta capacità di rappresentanza da parte dell’Anm e della crisi di credibilità dell’autogoverno. – scrivono i giudici del nuovo movimento – Da tempo siamo convinti che questa deriva sia dovuta, principalmente se non esclusivamente, alla decisiva influenza che le correnti hanno nella selezione dei rappresentanti dell’Anm e nella vita dell’associazione, nonché, soprattutto, sull’operare del Csm e degli altri organi di autogoverno, per il condizionamento che esse esercitano, secondo strettissime logiche di appartenenza, su ogni scelta di autogoverno della magistratura, a cominciare dalla selezione dei magistrati dirigenti”.

Un atto d’accusa, che non è solo una protesta ma è diventata concreta proposta proprio con l’avvicinarsi delle elezioni al Consiglio superiore della magistratura. “Altra proposta” infatti parteciperà alle primarie indette dall’Anm e finalizzate all’elezione dei componenti del Csm con un proprio metodo basato su rigidi criteri di partecipazioni e sorteggio. Un notaio selezionerà i potenziali candidati che parteciperanno a successive elezioni primarie telematiche. I nomi che usciranno saranno i nuovi candidati alle prossime elezioni del Csm.

Ma il comitato “Altra proposta” su un punto è imprescindibile: “I magistrati così selezionati non saranno i candidati di “Altra proposta” né, tanto meno, se eletti, saranno rappresentanti di “Altra proposta”. L’obiettivo, infatti, del Comitato di scopo è quello di “riuscire ad avere componenti del Csm nelle condizioni di rispondere, nell’esercizio delle loro funzioni, a null’altro che alla legge e alle esigenze dell’Istituzione della quale fanno parte”. Tra i sette punti del metodo di selezione messo appunto dal Comitato c’è anche quello che riguarda i non sorteggiabili quindi non candidabili ovvero chi nei cinque anni precedenti il 31 luglio 2014 siano stati componenti del Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati; o sempre nello stesso arco di tempo abbiano rivestito la carica di presidente o di segretario di associazioni di magistrati. Saranno esclusi anche i promotori del Comitato che si sono candidati alle ultime elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell’Anm (Franca Amadori, Giuliano Castiglia, Ida Moretti, Andrea Reale e Massimo Vaccari). Secondo “Altra proposta” – che alcuni accusano di grillismo – solo così si può garantire un effettivo rinnovamento dell’organismo di autogoverno. Una scelta di coraggio. Giudici che ci mettono la faccia per rinnovare dall’interno il proprio mondo e tentare di rompere i sistemi delle rendite di posizione a Palazzo dei Marescialli.

Ecco i loro nomi: Franca Amadori del Tribunale di Roma, Milena Balsamo del Tribunale di Pisa, Francesco Bretone della Procura della Repubblica di Bari, Giuliano Castiglia del Tribunale di Palermo, Donato D’Auria di Pisa, Giovanni Fanticini di Reggio Emilia, Felice Lima di Catania, Ida Moretti del Tribunale di Benevento, Pietro Murano di Pisa, Giorgio Piziali e Massimo Vaccari di Verona, Andrea Reale di Ragusa, Gianni Reynaud di Pinerolo, Nicola Saracino del Tribunale di Roma e Stefano Sernia di Lecce. Un fatto è certo, il neo comitato, vuole essere un vento nuovo, lievito culturale e di rinnovamento della magistratura italiana ed emarginare quelle toghe troppo politicizzate.

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