Ricordo ancora l’intervento del neo premier Renzi alle Camere, per ottenere la fiducia, quando dinanzi al neo Guardasigilli Andrea Orlando annunciava, nel suo turbinio riformista ipercinetico, anche “il pacchetto giustizia giugno”. Ricordo ancora l’immagine del ministro della Giustizia, subito inquadrato dalle telecamere, paragonabile solo a quella di Arnold quando apostrofava il fratello dicendogli “che cavolo stai dicendo Willis?”.

In questi giorni il pacchetto è già slittato verso giugno/luglio. Poco male, un mese in più dinanzi ad una riforma così importante, è una quisquilia. Purché sia poi un pacchetto riformista (organico possibilmente) e non un pacco. Perché di pacchi ne abbiam già veduti abbastanza. Ancora da ultimo con la ex Prefetta (non di ferro ma di laterizio), ma ancor prima con la Severino (di nome ma non di fatto). L’oscillazione è stata tra il taglio dei tribunali a raso (anche di quelli efficienti, anche di quelli appena realizzati, anche di quelli avamposto della criminalità, anche di quelli territorialmente necessari), all’incremento dei costi della giustizia (dalla marca alla marchetta il passo è stato breve) giusto per consentire l’esercizio del diritto alla difesa solo ai più abbienti (d’altronde gli ultimi tecnici erano o non erano classisti?), sino allo “svuota carceri” vergognoso indultino dell’Italia del fare (male). Senza tralasciare ovviamente misure quali il contenimento dell’indennizzo ex legge Pinto (previsto per chi ha subito un processo di durata non ragionevole) contenuto entro le risorse dello Stato disponibili, misura che ovviamente proprio in questi giorni il Consiglio di Stato reputa di dubbia legittimità costituzionale.

Una sequela di imbarazzanti misure tampone, fatte assumere per via orale (e rettale), senza alcuna visione organica, realistica, funzionale. Uno spot (affinché l’Europa veda che si interviene nella Giustizia) da tecnocrati incapaci. Ed è certo quasi più difficile far danno che compiere scelte giuste e utili.

La giustizia è una delle riforme prioritarie perché indissolubilmente legata a concetti quali democrazia-diritti-sviluppo. Certo, concetti desueti nello Stivale, ma che forse andrebbero recuperati.

Anche perché se non avessimo un sistema di giustizia efficiente come potremo contrastare le prossime porcate dell’Italicum, l’abolizione del Senato tout court e le varie altre riformicchie che andranno a modificare integralmente il nostro assetto costituzionale e democratico (quello formale s’intende)? Contrasto che sotto il profilo giudiziario  sarà già complicatissimo di suo.

Ecco allora la necessità di approntare una riforma organica – ascoltando magistratura e avvocatura – che intervenga su questi punti: a) organizzazione efficiente dei tribunali (con manager della giustizia che rispondano per obiettivi); b) definitiva entrata in vigore del Processo Telematico (non solo nel diritto civile ma anche in quelli penale, amministrativo, tributario: non è possibile che ad oggi a Milano possa dirsi completo al 60% ma non puoi prelevare gli atti, e altrove di meno; per il Giudice di Pace puoi solo leggere lo storico; la Giustizia Amministrativa abbia un suo portale autonomo ma non puoi depositare gli atti solo in digitale né tantomeno prelevarli; la Giustizia Tributaria e Penale sono pressoché inesistenti; il Processo Civile Telematico sia ancora troppo complesso e incomprensibile; etc.); c) riforma del Csm e della responsabilità dei magistrati (oggi la responsabilità disciplinare interviene solo nei casi di estrema gravità; quella civile è pressoché inesistente); d) riforma del rito processuale civile; e) riforma della magistratura onoraria (ossia della metà della magistratura italiana, consentendo l’accesso solo ai meritevoli e a tempo, mentre oggi l’accesso è blando e prorogato di continuo); f) riforma dell’accesso alla professione forense (a numero chiuso e solo ai più meritevoli); g) inasprimento di tutti i reati legati alla corruzione; h) certezza nella conclusione dei processi, nei termini (perentori per tutti), nella prescrizione; i) chiarezza nei costi di accesso alla giustizia (un solo contributo; equità; imposta di registro solo a carico della parte soccombente).

La riforma dovrà essere fondata su due criteri, da noi astratti (nella vita pubblica ma anche nella società civile): responsabilità e certezza.  E’ ciò che propone da qualche anno l’avvocatura: riforme per la Giustizia e nell’interesse di tutti. Non nel proprio interesse.

Ieri il Ministro Guardasigilli ha iniziato bene il suo percorso perché invece di porsi in posizione di aperto conflitto con l’avvocatura, ha incontrato il Consiglio Nazionale Forense e ha annunciato che presenterà un disegno di legge per la introduzione dei nuovi istituti alternativi alle cause in tribunale proposti dal Cnf, come la negoziazione assistita affidata agli avvocati e le Camere arbitrali presso i Consigli dell’Ordine. Inoltre  ha garantito un lavoro congiunto sul processo civile per  il riesame del disegno di legge Cancellieri, superando le criticità più gravi. “Un ottimo risultato che premia il lavoro responsabile del CNF per l’Avvocatura”, ha commentato il presidente Guido Alpa.

Speriamo che alle parole ora seguano i fatti.

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